Roma - «Ecco il mio avviso ai naviganti: non permetteremo di occupare le scuole pubbliche e le università». Silvio Berlusconi seduto al fianco del ministro, Mariastella Gelmini, raccoglie la sfida lanciata dall’opposizione che chiede di ritirare il decreto sulla scuola, già approvato dalla Camera ed ora in discussione al Senato, e rilancia attaccando chi mette in atto il blocco della didattica. «Occupare non è un fatto di democrazia ma un atto di violenza di una minoranza nei confronti di chi vuole studiare e frequentare regolarmente le lezioni. I diritti dei cittadini saranno fatti rispettare e chi commetterà reati è avvisato – dice il premier –. Oggi (ieri, ndr) prima di partire per la Cina incontrerò il ministro dell’Interno Roberto Maroni e darò disposizioni su come intervenire attraverso le forze dell’ordine affinché non venga bloccato il regolare svolgimento delle lezioni».
Un annuncio inaspettato durante la conferenza stampa convocata ieri per chiarire ancora una volta i contenuti del provvedimento sulla scuola che, accusa il premier, sono stati stravolti e mistificati dall’opposizione. Chiarimenti che hanno finito per essere messi in secondo piano dalla dura presa di posizione sulle occupazioni. A Berlusconi però stava a cuore ribadire che l’accusa di voler demolire l’impianto della scuola pubblica è assolutamente infondata e rientra nella strategia di un’opposizione che ha perso visibilità e credibilità in tutti i campi ed ora cerca di recuperare sul terreno della scuola. Il premier poi se la prende anche con i media colpevoli di «diffondere ansia» e mostrare «solo chi protesta», trascurando di raccontare la realtà.
«Gli attacchi e le bugie sul decreto sono un tentativo da parte della sinistra di attaccare il nostro governo che fino ad ora è risultato inattaccabile su tutti i fronti – dice Berlusconi – Una strategia che alimenta l’allarmismo lanciando messaggi completamente falsi e terrorizzando inutilmente le famiglie. Ci chiedono di ritirare il decreto ma noi non arretreremo di un millimetro».
E dunque al premier è toccato ribadire i punti salienti del provvedimento rintuzzando una per una le accuse dell’opposizione. Non verrà né ridotta né penalizzata l’offerta educativa, assicura Berlusconi. Verrà invece razionalizzata la spesa. «Non è vero che si spende poco per la scuola ma che si spende male - spiega il presidente del Consiglio -. In Europa la media dei docenti è uno ogni 13 alunni, in Italia uno ogni 9. Il risultato è che i docenti vengono pagati troppo poco. Il decreto Gelmini pone le premesse per avere meno insegnanti ma meglio pagati». Questo però non avrà come conseguenza dei licenziamenti. «Dalla scuola non viene cacciato nessuno - aggiunge -. Si tratta soltanto del blocco del turn over: la scuola non può più essere un ammortizzatore sociale». Lo spauracchio che terrorizza tutte le famiglie è l’abolizione del tempo pieno. Il paradosso è che questo governo, accusato di volerlo cancellare, vuole addirittura incrementarlo. «Non verrà abolito il tempo pieno anzi in cinque anni avremo circa seimila classi in più con il tempo pieno», assicura il premier. E poi i corsi di italiano indirizzati agli stranieri. «Nessun razzismo ma soltanto buon senso -insiste Berlusconi- Se la scuola o gli stessi insegnanti lo richiederanno verranno attivati corsi di italiano per chi non lo conosce. Questo è un provvedimento che tende all’integrazione ed è una realtà che esiste da decenni in Francia ed in Germania». Berlusconi poi ha rassicurato le famiglie sulla chiusura degli istituti con meno di 300 alunni, «soltanto un accorpamento amministrativo» e la bocciatura per il voto di condotta, «sempre sottoposta al via libera del consiglio d’istituto».
Il ministro Gelmini ha invece annunciato che subito dopo l’approvazione del decreto sulla scuola presenterà una serie di interventi di riordino del sistema universitario. Troppi i corsi di laurea, 5.500, e troppe le facoltà con meno di 15 iscritti, 327.
La Gelmini osserva che «le università che protestano di più sono proprio quelle che hanno le finanze più dissestate» e annuncia che intende mettere sotto osservazione «tutti i bilanci delle università». In cinque atenei sono già stati avviati i controlli: Siena, Firenze, Pisa, Camerino ed Urbino.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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