L'inflazione rialza la testa e scalda i tassi

In Europa prezzi saliti del 2,2%, mentre in Italia l’aumento è dell’1,9%, con la benzina oltre 1,5 euro il litro I mercati non escludono una stretta da parte della Bce prima del previsto. Ma la Fed non dovrebbe muoversi

C’era una volta la deflazio­ne. Dopo la fiaba noir sul calo dei prezzi raccontata fino a qualche mese fa, con corredo di scenari semi-apocalittici, il mondo riscopre invece l’infla­zione. Ancora su livelli fisiolo­gici nel mondo occidentale, seppur qualche campanello d’allarme sia già stato fatto ri­suonare dal numero uno della Bce, Jean-Claude Trichet; sur­riscaldata a Oriente (Giappo­ne escluso), dove Cina e India sono da tempo impegnate in una battaglia contro il carovi­ta. Pechino continua a stringe­re le maglie del credito (lo ha fatto anche ieri) nel tentativo di arginare l’aumento dei prez­zi, oltre il 5% e sui massimi da 28 mesi, mentre Nuova Delhi si prepara a un altro rialzo dei tassi per stemperare l’inflazio­ne (sopra l’8%). L’Occidente non può sotto­valutare l’evoluzione inflazio­nistica nel Far East. Per due motivi: un rallentamento del­la ripresa globale è prevedibile se le misure anti-carovita do­vessero impattare sulla cresci­ta economica cinese e india­na; in caso contrario, il rischio è quello di importare inflazio­ne acquistando beni da quei Paesi. In Europa e negli Stati Uniti l’attuale rialzo dei prezzi è già indotto da motivi endoge­ni, non certo da consumi priva­ti che nella sostanza restano ancora depressi. I listini dei carburanti, con la verde che in Italia ha sfondato il muro degli 1,5 euro il litro, sono in buona misura i responsabili del rad­doppio sfiorato nel 2010 dal­l’inflazione nel nostro Paese (+1,5% il dato medio contro lo 0,8% dell’anno prima, mentre il tendenziale è dell’1,9%). So­lo a dicembre i prezzi della benzina sono saliti del 9,9% (6,1% novembre) su base an­nua e del 2,5% su base mensi­le; quelli del gasolio sono cre­sciuti del 14,5% (+10% a no­vembre) in termini tendenzia­li e del 3% sul piano congiuntu­rale. L’Adoc ha calcolato che quest’anno il rialzo dei prezzi costerà alle famiglie oltre 900 euro. Ma dall’ondata di rincari non sono immuni nè Eurolan­dia (+2,2% l’inflazione in di­cembre, ai massimi da due an­ni), nè gli Stati Uniti (+1,5% nel 2010, un valore sopra le atte­se). Con una differenza: men­tre la Fed non è ossessionata dai prezzi (l’idea di adottare un tetto di inflazione è stata più volte bocciata) e Ben Ber­nanke deve soprattutto garan­tire il proprio sostegno alla cre­scita e all’occupazione, la Bce ha nel proprio statuto l’obietti­vo della stabilità dei prezzi. Non a caso, giovedì Trichet ha posto una certa enfasi sulle at­tuali dinamiche inflazionisti­che sottolineando che l’Euro­tower «rimane all’erta». E ieri il presidente della Bunde­sbank, Axel Weber, ha detto che «i rischi a medio termine potrebbero crescere». Il rialzo dei tassi è lo strumento più usa­to per spegnere le fiammate del carovita. Bernanke ha più volte assicurato che il costo del denaro resterà ancora a lungo su livelli eccezionalmen­te bassi (ora è tra 0 e 0,25%). I mercati cominciano invece a non escludere la possibilità che Trichet prepari una stretta prima del previsto. Anticipan­do il futuro cambio di rotta, le banche continuano infatti a collocare bond a costi vantag­giosi. L’ultima in ordine di tem­po è stata Intesa SanPaolo, che ieri ha lanciato un’emissione garantita decennale al 5% per 1,5 miliardi destinata all’euro­mercato.

Per poter rimettere mano al­l­e leve dei tassi, la Bce dovrà pe­rò prima veder dissolti i timori legati a un allargamento a Por­togallo e Spagna della crisi del debito sovrano. Un eventuale potenziamento del fondo sal­va- Stati, ipotesi al centro del­l’Ecofin di lunedì prossimo, potrebbe essere già di aiuto.

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