Una lingua quasi estinta confuta Aristotele (e Chomsky)

MANCANZE Questo idioma non ha la congiunzione «e» e presenta una struttura molto diversa dalla nostra

I l campo della linguistica riserva ogni giorno scoperte sensazionali. Ma, come spesso avviene in campo scientifico non sempre si è disposti a riconoscerne la portata. Nel 1991, ad esempio, David Gil, oggi al Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia, pubblicò un saggio dal titolo eloquente, che rappresentava una piccola rivoluzione: «Aristotle Goes to Arizona and Finds a Language Without “And”», apparso nel volume collettaneo curato da Dietmar Zaefferer Semantic Universals and Universal Semantics (Foris Publications)
A causa dell'universalismo allora dominante nella ricerca, ultimo retaggio di Chomsky, il saggio passò inosservato. Oggi invece la linguistica ha preso la strada opposta ed ha fatto passi da gigante su quella che si può dire la linea di Gil, «escaping eurocentrism», fino a mettere in discussione gli stessi principi della grammatica così come noi li intendiamo. Nel giro di qualche decennio il chomskysmo è diventato poco meno che antidiluviano e le principali tendenze della linguistica sono concordi nel rifiuto di ogni apriorismo. Quel saggio del ’91, grazie ad un accordo tra Google e la Foris Publications, è ora disponibile in rete. Inoltre Gil ha sviluppato le proprie argomentazioni con uno scritto incluso nel recente volume Language Complexity as an Evolving Variable, a cui ha fatto sèguito un articolo, non meno importante, su «Theoretical Linguistics», dedicato alle «illusioni» teoriche di certa linguistica.
Ma di che si tratta? Durante una permanenza in Arizona Gil si recò nelle riserve di Salt River e Gila River, dove vivono circa cinquecento indiani che parlano una lingua a rischio estinzione, il maricopa, appartenente alla famiglia Yuman. Lo sforzo fu premiato e la scoperta che fece fu sufficiente a fargli abbandonare ogni teoria che detti in anticipo alle lingue le condizioni della loro esistenza.
Il maricopa non possiede particelle coordinative, equivalenti alla nostra «e» (congiunzione) e alla nostra «o». Si dice, ad esempio, «Giorgio (e) Luigi verranno» o, se si deve dire «Verrà Giorgio o Luigi» , si dirà pressappoco «Giorgio Luigi possono venire». Il fatto, per quanto singolare, non sarebbe di per sé significativo in quanto anche altre lingue, ad esempio il cinese, alla coordinazione preferiscono, quando si tratta di «e», la semplice giustapposizione. Il punto è che le costruzioni coordinative dell’inglese, e per esso delle lingue europee, corrispondono in maricopa a frasi subordinate. Ad esempio, invece di dire «Vedo Giorgio e Luigi» si dice «Vedo Giorgio che accompagna Luigi» o «Vedo Giorgio che va insieme con Luigi», ecc. Dovendo tradurre dall'inglese delle espressioni con «and» o «or» i parlanti indigeni offrono in alternativa le più varie costruzioni, ma tutte subordinate. Il fatto è tanto più sorprendente in quanto la situazione più comune è quella contraria, ossia la coordinazione viene usata laddove in inglese manca: ad esempio in yoruba, una delle maggiori lingue della Nigeria, una frase come «taglio l’albero con l’ascia» diventa «prendo l’ascia e taglio l’albero». La totale assenza di costruzioni coordinative si accompagna in maricopa ad uno sviluppo abnorme della subordinazione, presente anche dove meno ci aspetterebbe.
Questo grado estremo di coesione grammaticale, superiore ad ogni altra lingua conosciuta e quindi anche a quelle europee, rimette in discussione uno degli «universali» più accreditati della linguistica, secondo il quale può esistere cooordinazione senza subordinazione ma è possibile il contrario in quanto la coordinazione è una struttura (linguistica) elementare, presente nelle lingue ab origine. Le conseguenze della scoperta di Gil vanno oltre. Mancando di strutture coordinative, la lingua di Salt River non ha mezzi per esprimere alcuni concetti basilari della logica (aristotelica), congiunzione («e») e disgiunzione («o»): ciò che ci costringe ad ammettere che quei principi non sono né indispensabili né universali.

Forse aveva ragione Fritz Mauthner quando scriveva: «Da un certo punto di vista l’intera logica di Aristotele non è nient’altro che un riflesso della grammatica greca. Se Aristotele avesse parlato cinese o dakota, sarebbe arrivato ad una logica del tutto diversa...».

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