
Ci sono molti modi per comprendere un personaggio complesso come Andres Serrano (New York, 1950). Il più diretto è stato farsi aprire la porta del suo salotto nel corso di una videochiamata Milano-New York che è somigliata a una liturgia, a una confessione. Circondato da mobili cupi e suppellettili che sembravano trafugati dall'Abbazia di Westminster, l'artista capace di arrivare al limite più estremo della trasgressione le cui opere sono battute a cifre da capogiro, si è raccontato con onestà, svelando i suoi opposti, arrivando al confine del sacro fin dentro alla sua incrollabile, inaspettata, fede cristiana. A novembre la Galleria Nathalie Obadia di Parigi ospiterà una sua mostra intitolata A Personal Mythology: Immersions and Bodily Fluids (19861990), che raccoglie sue opere classiche di quel periodo. Sul suo sito Serrano si descrive così: "Non mi sono mai definito un fotografo. Ho studiato pittura e scultura e mi considero un artista con una macchina fotografica. Tutto ciò che so sull'arte l'ho imparato da Marcel Duchamp, che mi ha insegnato che qualsiasi cosa, compresa una fotografia, può essere un'opera d'arte". Nel 1987 fotografò un crocifisso immerso in sangue e urina, The Piss Christ. L'indignazione che generò nell'opinione pubblica fu così dirompente da dargli una notorietà globale e quell'immagine divenne comunque una delle rappresentazioni della crocifissione più conosciute al mondo.
Lei è credente?
"Quando realizzai The Piss Christ non mi colpì particolarmente, solo dopo ne compresi l'importanza. Sono stato accusato di cercare fama attraverso la provocazione e la blasfemia, ma i temi che tratto hanno un profondo legame con la fede. Credo fermamente in Dio, in Cristo e in me stesso. Metto in pratica ciò che credo sia l'intento di Dio e di Cristo nel darci la vita, ovvero che troviamo il nostro destino e lo realizziamo. La Chiesa ha cercato di rendere la sua parola più accessibile a tutti, non hanno bisogno di me per farlo, ma sono felice di far parte di una tradizione di artisti che creano utilizzando il linguaggio e i simboli della Chiesa".
Tortura, camere mortuarie, i membri del Ku Kux Klan... Qual è la cosa più scioccante che ha fotografato?
"Nulla di ciò che ho fotografato mi ha mai scioccato, la mia produzione semmai mi impressiona. Uno dei miei lavori più significativi è stato Milk/Blood, così diverso da una fotografia tradizionale: non c'era prospettiva, né tridimensionalità, nessun senso dello spazio, solo l'astrazione che normalmente è associata alla pittura, un'immagine geometrica che fa riferimento al lavoro di Mondrian. Voglio suscitare emozioni con la bellezza, non con lo shock, con domande, non con risposte".
Da chi provengono le critiche?
"Da individui interni o esterni al mondo dell'arte che hanno già un'opinione preconcetta sul mio lavoro. Di solito non si basano su nulla di concreto, hanno bisogno di trovare qualcuno da disapprovare. Una volta ho detto a Leon Golub, artista impegnato socialmente e politicamente, che avevo ricevuto una recensione negativa sul New York Times e che la cosa mi dava fastidio. Gli ho confessato che non volevo prenderla sul personale, ma in realtà lo facevo. Leon mi ha risposto: Dovresti prenderla sul personale perché quando attaccano il tuo lavoro, attaccano te".
Un artista è qualcuno che vive della propria arte e ha un messaggio da trasmettere agli altri. Qual è il suo?
"Se ce n'è uno, è il tipo di messaggio che può essere interpretato in modi diversi. Un'opera è più intrigante se si presta a diverse letture. Il pubblico vede ciò che vuole e questo è meglio delle spiegazioni. Più che un messaggio, ho un desiderio, un intento: invogliare lo spettatore a guardare. Sono l'artista e il pubblico, quindi se a me piace guardare ciò che ho fatto spero che piaccia anche a voi".
In ogni sua produzione è presente un approccio sociale, politico e religioso. Ritiene questi tre temi fondamentali? Sono indipendenti l'uno dall'altro o li tratta come un unico insieme?
"C'è spesso una connessione nel mio lavoro che deriva da qualcosa che ho fatto in passato e che si ricollega a qualcosa che farò in futuro. Potrebbe non essere chiara agli altri, ma lo è per me. Non faccio distinzioni tra sociale, politico e religioso perché ho lo stesso interesse e lo stesso livello di coinvolgimento per tutti e tre. Ogni tanto capita però un'occasione che mi porta in un luogo che non mi aspettavo di raggiungere. Nel 1986, William Olander, curatore capo del New Museum di New York, venne nel mio studio e mi suggerì un'idea che non sono sicuro avrei avuto se non fosse stato per lui. Stava organizzando una mostra intitolata Fake che includeva molti degli artisti postmoderni dell'epoca. Mi spinse a pensare di creare una fotografia che non assomigliasse affatto al lavoro che avevo fatto fino ad allora e che consideravo fotografia di tableaux, ovvero fotografie con una persona o un oggetto, uno sfondo o un'ambientazione. Cabeza de Vaca ne è un esempio perfetto. Pensai: E se creassi una fotografia che sembrasse un dipinto?. Così arrivai alla mia prima opera della serie Bodily Fluid, la già citata Milk/Blood. L'idea di appiattire il piano dell'immagine in una fotografia ed eliminare tutto tranne il colore è stata una svolta inaspettata nel mio lavoro. Sono seguite due opere monocromatiche, Milk e Piss, e molto più tardi la serie Ejaculates in Trajectory, in cui ho eliminato il colore. Per me fu un passo radicale".
La sua arte parla delle contraddizioni dell'umanità e dei suoi tratti peggiori. Quanto è importante far riflettere il pubblico su questi argomenti?
"Voglio far riflettere il mio pubblico, ma una misura della reazione migliore del pensiero è il sentimento. Le persone sono spesso confuse dai pensieri, non dai sentimenti. Sanno quando qualcosa è piacevole o spiacevole. Preferisco scatenare in loro sensazioni piacevoli quando sono di fronte le mie opere, ma se non è così va bene lo stesso, qualsiasi reazione è meglio di nessuna reazione".
Esiste un ideale di bellezza?
"Gli standard
cambiano, quando la bellezza si lega a un'epoca, a una cultura, a un popolo o a una tendenza. Ne esiste di un altro tipo, si trova in ogni cosa ed è eterna. È quella che voglio raggiungere, la bellezza che è per sempre".