«La nostra opposizione non ha bisogno di aggettivi», bofonchiò sotto i baffi Massimo DAlema, allalba dellultima sconfitta alle urne. Eppure, adesso, quelli del Partito democratico saccorgono che uno solo, di aggettivo, non basta. Lanciata la corsa alla segreteria, ecco i candidati esibirsi nella sfida lessicale più ardua. Provate voi a definire il nulla. «Come sarà il Pd?». «Nuovo» tanto per cominciare, il termine che spicca in quantità se solo provi a contare le ricorrenze nelle mozioni rivali. E pazienza se i favoriti a conquistare la leadership si chiamano Dario Franceschini e Pierluigi Bersani. Non proprio due inediti.
Armatevi di vocabolario, cari compagni. E mostrate gli attributi. Perché al congresso di ottobre bisogna arrivare preparati, non ha senso un palco senza unetichetta che conquisti testa e pancia dello sparuto popolo della sinistra. Tranquilli, i parolai rossi ci stanno lavorando. Potremmo tentare il successo, ipotizzano, con il partito liquido. Quello virtuale, per intenderci, ché le sezioni sono roba «vecchia», oggi il «nuovo» si fa su internet: blog, facebook, twitter e altre diavolerie da smanettoni. «Visto la Serracchiani? E Beppe Grillo? Cioè, anzi no... ». Replicano i nostalgici: e il partigiano irriducibile che gioca a tresette al tavolino del circolo come te lo intercetto? Molto meglio il partito radicato. Questione dibattuta a mezzo stampa - amica - direttamente dai protagonisti. A Bersani lidea del liquido, nonostante lestate invogli ai gavettoni, non va giù: «Va a finire che poi ci facciamo una bella bevuta. E arrivederci e grazie», prevede uno che di Lambrusco ne capisce. Largomento è serissimo, perciò lo scontro è frontale. Manco a farlo apposta, LapiDario il Pd lo vorrebbe solido. «Un partito con circoli e militanti, ma per questo non basta un modello di 50 anni fa», peccato che detto da un ex democristiano fa ridere. Ignazio Marino, luminare del settore, opta naturalmente per il partito aperto. Aspetta solo che gli porgano il bisturi. Il chirurgo della «dolce morte» è colui che ha composto il capolavoro davanguardia stilistica: «Ci vuole un Partito democratico che sia partito e democratico». Scioglilingua.
Allora, come se ne viene fuori? Da falce e martello a matita e righello, ecco la contrapposizione geometrica tra organizzazione verticale e modello orizzontale. Per coniare il secondo, forse, hanno interpellato la DAddario. Altri sono saliti sulla bilancia e non sanno scegliere tra un partito pesante oppure uno leggero. E i tesorieri del soldo progressista consigliano investimenti sul territorio: il Pd non è abbastanza diffuso. Nessun riferimento al gruppo Espresso, ci mancherebbe.
Quei geniacci della comunicazione arruolati dagli aspiranti segretari dovrebbero saperlo.
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