Liste d’attesa, torna l’obbligo del monitoraggio

«Serve più rispetto per l’autonomia della professione medica»

Liste d’attesa, torna l’obbligo del monitoraggio

È stato approvato nei giorni scorsi dalla Commissione Sanità del Senato in sede deliberante, il disegno di legge n. 1598 sull’attività libero-professionale intramuraria. Abbiamo chiesto al senatore Cesare Cursi di analizzare i contenuti del provvedimento.
Qual è la prima considerazione che farebbe sul testo approvato?
«Anche questa volta l’elefante del centrosinistra ha partorito un topolino piccolo piccolo. E mi spiego. Il testo originario del ddl presentato dal governo, composto da più articoli che trattavano la materia della sicurezza delle strutture sanitarie e la gestione del rischio clinico, l’attività libero-professionale intramuraria e quella relativa alla esclusività del rapporto di lavoro dei dirigenti del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale, aveva l’ambizione di una riforma generale sul ruolo della professione medica. Invece non c’è nulla di tutto questo. Anzi, non si è tenuto conto, se non in minima parte, delle conclusioni alle quali la Commissione Sanità del Senato era pervenuta dopo un lavoro di audizioni durato circa cinque mesi. Grazie al costruttivo lavoro dell’opposizione, si è riusciti a regolamentare solo la parte relativa all’attività libero-professionale intramuraria, stralciando gli articoli riguardanti sia la sicurezza delle strutture sanitarie e rischio clinico, sia quelli riguardanti la esclusività del rapporto di lavoro».
Si spieghi meglio: perché costruttivo lavoro dell'opposizione e stralcio di tutte le altre questioni?
«Perché l’opposizione, compatta, ha di fatto demolito un ddl iniquo e intempestivo rispetto a problematiche così importanti quali la sicurezza delle strutture sanitarie e l’esclusività del rapporto di lavoro dei medici, che non possono di certo essere affrontati con tale superficialità sotto la spada di Damocle della scadenza del precedente termine dell’intramoenia (31 luglio 2007). I sindacati medici ospedalieri avevano chiesto una proroga di tre anni rispetto alla data del 31 luglio e ancora oggi esprimono dubbi su questo avvenimento. Mi riferisco a Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Cimo, Anao, Anpo, Cisal e altre associazioni. Con senso di responsabilità abbiamo invece affrontato quest’ultima problematica apportando profonde modifiche e miglioramenti al testo originario, ovviamente nei soli punti ove ci è stato consentito».
Pregi e difetti, in estrema sintesi, delle nuove disposizioni sull’attività libero professionale intramuraria?
«Di pregi sinceramente ne vedo pochi. È stata stabilita un’ulteriore proroga di 18 mesi, a decorrere dal 31 luglio 2007, affinché i presidi ospedalieri realizzino internamente strutture distinte e separate per l’attività intramoenia. Ma che questo termine non potrà essere rispettato per l’esiguità dei fondi a disposizione e per l’eccessiva burocratizzazione delle procedure. Se può essere ritenuto un vantaggio, posso citare l’introduzione della possibilità, per i direttori generali delle Asl, di locare o, addirittura, acquistare spazi esterni per l’attività intramuraria: in questo caso siamo riusciti a limitare la discrezionalità del direttore generale con la richiesta di parere vincolante da parte del Collegio di direzione. Cenno di merito può essere ascritto all’obbligo di monitoraggio dei tempi delle liste d’attesa, già previsto nella precedente legislatura con l’accordo raggiunto nel marzo 2006 in sede di Conferenza Stato-Regioni, ma non rispettato, e della garanzia di accesso alle prestazioni urgenti nelle 72 ore. Ma anche in questo caso si tratta di disposizioni già determinate, anche in tempi più brevi, delle singole regioni».
E i difetti? Li ha dimenticati?
«No, è il limite della sintesi. E qui, invece, l’elenco sarebbe lungo...».
Ce ne dica qualcuno.
«Innanzitutto, un’ennesima proroga di 18 mesi che non darà risultati. Poi il rischio concreto di un impennarsi della spesa sanitaria e quello ancor più grave della perdita di tanti posti di lavoro per il personale ausiliario e amministrativo dei presidi sanitari privati convenzionati che invece oggi operano con grande efficacia. Poi tutta una serie di diktat come piani aziendali, impegni, garanzie, decadenza dei vertici aziendali, che non saranno applicati soprattutto perché rivolti alle Regioni che con la riforma dell'art. 117 della Costituzione, godono di potestà esclusiva in materia sanitaria».
Cosa propone lei, in particolare, e quindi il suo partito, per risolvere questi problemi?
«Il governo di centrosinistra gode, già dai tempi del ministro Bindi, della capacità non comune di rendere difficile una materia che invece è a mio modo di vedere piuttosto semplice.

È necessario partire dal rispetto per la professione medica, rispetto a tutto campo per un professionista che non può vedere imbrigliata la propria attività, spesso altamente scientifica, tra norme e normette. Ci vuole rispetto dell’autonomia del medico che, secondo coscienza, stabilisce tempi e modi di organizzare la propria attività tra quella ospedaliera e quella privata che è sempre a vantaggio dei cittadini».

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