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Pompei, la città perduta distrutta dal Vesuvio

Gli scavi archeologici di Pompei sono cristallizzati nella Storia: raccontano di quando nel 79 d.C. la città fu distrutta dal Vesuvio

Pompei, la città perduta distrutta dal Vesuvio

Pompei è un luogo interessante e misterioso. Teatro della più grande tragedia della storia italiana antica, qui il tempo è fermo, cristallizzato al modo in cui apparve la città dopo l’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C.

Gli scavi di Pompei, nei pressi di una città successivamente risorta in un nuovo nucleo abitativo, rappresentano un documento interessante che racconta come si svolgesse la vita nell’Impero Romano d’Occidente. È la testimonianza di una vita che si potrebbe definire molto simile a quella contemporanea, fatta di passione politica, emancipazione femminile e una cultura dalle radici ancor più antiche, in cui la bellezza era nel quotidiano di affreschi, capitelli, mosaici.

L’eruzione del Vesuvio

Pompei

Quella dell'eruzione del Vesuvio è una storia che ha colpito l'immaginario collettivo di tutti gli italiani. Nell’anno 79 il Vesuvio, il vulcano nei pressi della città di Napoli, eruttò lava, lapilli e una pioggia di cenere, che travolsero e distrussero Ercolano, Stabia, Oplontis e naturalmente Pompei. Quest’ultima è la città che meglio testimonia il momento tragico, ma anche la quotidianità degli abitanti.

La questione della datazione rappresenta da sempre un problema storico. L’eruzione del Vesuvio viene narrata per la prima volta di un testimone oculare: si tratta di Plinio il Giovane, che si trovava a una trentina di chilometri di distanza e descrisse tremante l’avvenimento apocalittico nelle sue epistole. In base all’archetipo manoscritto della narrazione di Plinio, gli studiosi hanno da sempre datato l’eruzione al 24 agosto, ma diversi dettagli suggeriscono una data differente.

A Pompei sono stati infatti ritrovati combustibile per bracieri (frutta secca), mosto non ancora pronto e una moneta, che deve essere stata coniata dopo l’8 settembre, perché vi è un riferimento all’imperatore Tito. L’eruzione dovrebbe essere quindi avvenuta tra il 23 e il 24 ottobre 79, teoria sostenuta anche da Alberto Angela nel suo volume “I tre giorni di Pompei”.

I luoghi di Pompei che raccontano la Storia

Pompei

Visitare Pompei per la prima volta è qualcosa di magico, è come penetrare nelle pieghe della Storia e vederne i misteri rivelati con i propri occhi. Sicuramente il luogo più celebre che viene visitato è l’anfiteatro romano, dove tra l’altro nel 1971 i Pink Floyd tennero un celeberrimo concerto, confluito in un documentario uscito l’anno successivo.

C’è poi il foro, la grande piazza dove si svolgevano le attività commerciali, religiose e politiche dei pompeiani. E ancora il tempio di Apollo, che si ritiene datato addirittura all’VIII oppure al VII secolo a.C. Oppure la villa del Fauno, dove si trova la statua bronzea che ritrae la creatura mitologica.

Pompei

Al di là delle bellezze artistiche in senso stretto, ci sono anche beni culturali che raccontano molto della civiltà dell’epoca. Come il Lupanare, dove esistevano camere diverse per classi sociali diverse in cui dedicarsi all’amore fisico, con tanto di affreschi che ritraggono scene licenziose.

C’è anche il cosiddetto Orto dei Fuggiaschi, dove gli scavi archeologici rinvennero 13 corpi perfettamente conservati dalla lava indurita: erano alcune persone che cercavano di sfuggire disperatamente all’eruzione, invano.

È davvero difficile dire da quale parte iniziare la propria visita: gli scavi di Pompei sono un luogo in cui tornare ancora e ancora, magari nel tempo e con occhi sempre diversi.

I graffiti antichi che parlano di modernità

Pompei

Una delle testimonianze più interessanti di Pompei sono i graffiti, che si trovano un po’ dappertutto: basta aguzzare la vista. Esattamente come oggi i writer lasciano un segno della loro presenza nelle città, a Pompei esistono oltre 10.000 graffiti. Questi, oltre a costituire una fonte preziosa per i linguisti e i latinisti, rappresentano delle “pillole” di vita quotidiana dei pompeiani.

Su essi c’è chi annuncia la nascita di una figlia, chi se la prende con l’oste che ha annacquato il vino, chi racconta imprese erotiche, c’è chi annota quadrati palindromi come il più celebre del Sator, chi cita Lucrezio e Virgilio, e non mancano proverbi e scioglilingua.

Alberto Angela riporta nel suo volume una selezione esemplificativa di graffiti, tra cui spicca un presagio di morte in quattro pentametri: "Nulla può durare in eterno. Il sole dopo aver brillato si rituffa nell'Oceano, decresce la luna che poco fa era piena.

La furia dei venti sovente si tramuta in brezza leggera".

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