Lite in aula fra Peppone e don Camillo

Lite in aula fra Peppone e don Camillo

Quell’Acquasanta di Claudio Gustavino, nell’aula del consiglio regionale siede nella fila sopra a quel Diavolo di Luigi Cola. Ieri non ha resistito e gli ha tirato la coda. Eh no, va bene tutto, ma «è ora che i laici la smettano di irritarsi ogni volta che la Chiesa prende posizione, pare che soffrano di un complesso di inferiorità». Bordate fra alleati, Peppone Cola dei Ds e don Camillo Gustavino della Margherita.
Capita che Cola prenda la parola per ottenere una modifica della legge sull’8 per mille, chiedendo che possa essere destinato, oltre che alla Chiesa o allo Stato, anche alle Regioni e ai Comuni per attività di tipo sociale. Ora, Gustavino sarebbe anche d’accordo, ma gli salta la mosca al naso quando Cola esordisce così: «Questa mia interpellanza non è stata sottoposta preventivamente all’approvazione della Curia, lo dico perché vedo che il cardinal Ruini interviene sui Pacs e il vescovo Bertone parla con Carena prima che si dimetta da segretario generale del porto».
La prima censura è di Mino Ronzitti il severissimo presidente dell’assemblea, che prega il consigliere di non andare fuori tema, per di più tirando in ballo vescovi e cardinali. Poi tocca a Gustavino, che si dice «fortemente imbarazzato anche per lei, collega Cola: questo è un linguaggio poco rispettoso e desueto». Cola si inalbera: «Io sono un consigliere regionale e dico quello che mi pare». Gustavino ne fa una questione di principio: «Non vedo nulla di male nel fatto che un cattolico conferisca con il suo vescovo su una decisione importante».

Poi si infervora: «Mi insospettisce che ogni volta che l’Autorità ecclesiastica dimostra di avere a cuore i problemi della città i laici denuncino un peccato di lesa maestà. La laicità non è messa in discussione, perché laicità è rispetto delle regole e quelle tutti noi le rispettiamo». Cola non ci sta. Cattolico sarà lei.

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