Accanto, è un posto per pochi. Perché «accanto» è «vicino» ed è sempre una questione di spazi, ancor prima che di spazio. C'è chi di spazi non ne concede, chi se ne prende troppi, chi se ne prende «il giusto» (concetto soggettivo, ce ne rendiamo conto) ma nei momenti meno adatti; c'è chi ha iniziato a regalarsene troppo tardi e ora non sa come gestirli, chi non smette di farsene omaggio, c'è chi arreda quelli altrui e chi intossica persino i propri; c'è chi è geloso dei suoi e chi invade quelli del prossimo; c'è chi dentro (a quelli altrui) ci vede mostri e c'è chi vede come un mostro chi vorrebbe sottrarglieli. O prevarichi o subisci. E insomma chi è senza peccato, cerchi di ricordarsi meglio.
Perché «accanto» è un posto per due, e in due è (anche) difficile. Il tempo in cui dell'altro vedi belli anche gli sbagli, dura pochissimo. Poi l'unico sbaglio che vedi è quello di avere un «noi». La vicinanza, la «duitudine» intriga, a tratti esalta, molto spesso sfilaccia. E quando i nervi sono sfilacciati, lo stile latita. Il conflitto inasprisce, imbruttisce, involgarisce. Lo scontro ci galoppa dentro, ci gonfia, ci implode nelle viscere, come una colite. Difficile, allora, mantenere l'aplomb. Altro che civile scambio, costruttivo confronto, utile chiarimento. Le nostre liti sono più degli attacchi dinamitardi, degli sbudellamenti cruenti, degli tsunami inarginabili. Noi siamo le classiche persone che devono stare attente a dove litigano perché sanno benissimo come litigano: male, malissimo. Sappiamo, abbiamo sentito dire che esistono scontri funzionali alla coppia, di quelli che poi solidificano, cementificano, incollano, sigillano. Le nostre sono più del genere che scavano voragini, scoperchiano abissi, catapultano lontanissimo, posizionano agli antipodi. E dopo la bagarre, di solito, per quelli come noi arriva pure la guerra fredda. Lunghe serate di interminabili silenzi durante i quali fissiamo il partner e aspettiamo. Anche se lo sappiamo che le persone non si aspettano, i treni si aspettano, alle persone si va incontro (magari con un monopattino). Ma aspettiamo. E pensiamo. Pensiamo che avremmo ancora molto da dargli, fuoco per esempio.
E pensiamo che potremmo dargli ragione, ma poi avremmo torto in due. E pensiamo anche che stavolta non ne salteremo mai fuori, o quantomeno non entrambi. Non da questa crisi. Perché non c'è niente di buono nel litigare così, nulla di utile e costruttivo. E soprattutto non c'è stile. Non nello strapparsi le vesti, nel togliersi la pelle, nell'offendersi, nel farsi male, nel dare in pasto sospetti, nel rinfacciare, nell'urlarsi cose che non si cancellano. E che ritornano e ritornano e ritornano... Ci sono liti che distruggono, che sfasciano un pezzo alla volta, logorano le fondamenta fino al crollo.
Che sarà un boato, un vuoto che risucchia. Bisognerebbe litigare con stile, ma c'è chi proprio non ce la fa. Allora se anche voi siete di quelli che non ce la fanno, litigate pure e litigate ovunque. Ovunque purché al chiuso.
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