Pedro Armocida
da Roma
Un viso, un mondo, una storia. È tutto lì, in quel volto, ancora oggi, con i suoi occhi grandi che ti squadrano in maniera precisa e con le labbra carnose che ti raccontano di una donna, allo stesso tempo, come tutti, forte e insicura. Liv Ullmann è così e non vuole apparire diversa. Proprio come luomo che ha amato, il grande genio del cinema Ingmar Bergman a cui ieri sera a Roma è andato il Premio Fellini 2005 attribuitogli allunanimità dalla giuria composta da Mario Monicelli, Suso Cecchi DAmico, Tonino Guerra, Ennio Morricone, Giuseppe Rotunno, Dante Ferretti, Roberto Perpignani, Piero Tosi, Vittorio De Seta, Massimo Cristaldi, Giovanna Gravina Volontè, Luca Magnani e presieduta dal vulcanico Felice Laudadio. Tra la Ullmann e Bergman cè stata una storia damore iniziata sul set di Persona, proseguita per cinque anni con la nascita della figlia Linn, e che forse non si è mai definitivamente conclusa.
È stata lei stessa a dirlo alla Casa del Cinema prima di ritirare il premio su preciso incarico di Bergman che da anni non si muove dallisola di Farö: «Lho sentito al telefono proprio poche ore fa e mi ha detto: Non pensi che ci sia ancora dellamore fra noi?, e io: Sì Ingmar, lo provo anchio. Un sodalizio che ha prodotto undici, indimenticabili film. Ma che, appunto, continua con la Ullmann impegnata negli ultimi anni dietro la macchina da presa con due film scritti da Bergman, Conversazioni private e Linfedele e ancora una volta come attrice nellultimo lavoro girato dal grande svedese, Sarabanda. «Forse vi chiederete perché ci sono io a ritirare un premio al posto suo racconta lattrice me lo domando spesso anchio. A Ingmar ho più volte ripetuto: Tu sei un tale genio e io solo me stessa. Abbiamo condiviso la vita, i film, sono stata tua attrice e anche regista, ma io sono solo Liv e tu Bergman. E lui mi risponde sempre così: Ma tu non capisci, per me sei il mio Stradivari».
Rapporto complesso quello tra lo svedese Bergman e la norvegese Ullmann, cerebrale (forse troppo) e passionale. Come non mancano di sottolinearlo le struggenti pagine che la Ullmann, anche scrittrice, ci ha lasciati nel bellissimo Cambiare edito nel 1977 da Mondadori. Unintera parte era dedicata alla vita dellisola di Farö, la stessa dove da due anni vive Bergman. «Mi sarebbe piaciuto che lui fosse qui con noi a Roma continua lattrice ma ha deciso di rimanere in solitudine, a quasi 87 anni compiuti, nella sua isola per pensare tutti i pensieri che non ha avuto il tempo di pensare prima. Tutto lì è vivo per lui, anche le persone che non ci sono più. Legge libri molto impegnati e gira lisola in bicicletta scoprendo angoli sempre nuovi». E poi visto che siamo al Premio Fellini, ecco i ricordi del grande rapporto di stima tra Bergman e il nostro regista, testimoniato anche da una lettera autografa del 1979 a Fellini, in cui lautore svedese ammette di aver visto sette volte Amarcord. «Trentanove anni fa ricorda la Ullmann - eravamo a Roma e lo abbiamo incontrato. Sono diventati fratelli in un attimo. Giravano abbracciati per la città. Erano due geni che si assomigliavano: ci hanno mostrato qualcosa che sembrava irraggiungibile come quando una ballerina si libra nellaria e sembra rimanere sospesa un attimo in più di ciò che sia possibile.
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