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Livorno, l’assalto razzista inventato dai rom

Livorno, l’assalto razzista inventato dai rom

da Firenze

Non ci fu nessuna imboscata nella baracca alla periferia di Livorno dove due mesi fa morirono quattro bambini rom e non ci fu alcun ordigno incendiario. In quel campo improvvisato sotto un cavalcavia i piccoli erano stati lasciati soli a dormire con una candela accesa. E durante l’incendio devastante gli adulti scapparono tutti abbandonando i bambini al loro destino. I quattro rumeni lo hanno confessato al pm Antonio Giaconi all’ennesimo interrogatorio che doveva servire a fare luce su quella tragedia.
I genitori dei bambini per difendersi dalle gravissime accuse avevano parlato di assalto razzista da parte di un commando di marocchini o di albanesi, avevano raccontato di molotov lanciate contro le baracche per una vendetta consumata al grido di «stanotte vi ammazziamo tutti».
La verità invece è ancora più terribile del dramma: i tre fratelli Eva, 11 anni, Danchiu, 8 anni, Menii, 4 anni, e l’amica Tuca, 6 anni, sono stati lasciati soli a morire dai genitori in fuga. Sono morti carbonizzati sui resti di vecchi materassi, cartoni e coperte perché qualcuno si è semplicemente dimenticato di loro. La bambina più grande, come una piccola mamma, l’hanno trovata abbracciata al fratellino, nell’inutile tentativo di proteggerlo mentre le madri scappavano, dal fuoco e dalla loro coscienza. I padri dei bambini quella sera erano sul cavalcavia per accompagnare un amico in partenza. La polizia, due ore dopo la scoperta di quei quattro corpi in quel groviglio di lamiere e cenere, ha trovato i genitori alla stazione. Pensavano che i bambini si fossero messi in salvo, hanno raccontato ai soccorritori, sarebbero tornati a cercarli dopo, hanno giurato in lacrime, ma il sospetto è che i quattro volessero sparire in silenzio, proprio come erano arrivati dalla Romania qualche mese prima. Avevano occupato quelle catapecchie nel sottopasso e di giorno, mentre loro andavano a chiedere l’elemosina, i bambini giocavano tra le sterpaglie e rovi. «Dategli dei bei vestiti per il funerale», ha invocato dal carcere il padre dei tre fratellini dopo l'arresto.
Da ieri i quattro genitori accusati di abbandono di minore seguito da morte, non hanno più debiti con la giustizia italiana. Hanno patteggiato e sono tornati in libertà con il beneficio della condizionale. Sono stati condannati a pene da un anno e quattro mesi a un anno e sei mesi per «abbandono di minore seguito da morte». Ieri mattina il gip Rinaldo Merani ha scarcerato anche i due padri, le madri già da settimane erano agli arresti domiciliari.
La svolta è avvenuta lunedì quando nel corso dell’ultimo interrogatorio davanti al pm i due uomini hanno ritrattato la versione dell’aggressione e hanno ammesso che l’incendio è stato un incidente. Una candela finita per terra, forse per colpa dei topi, quel maledetto 11 agosto, ha provocato l’incendio nel terreno incolto a due passi da una discarica a cielo aperto dove fino a qualche tempo c’era solo una baracca che ospitava i cani.
Ieri sera c’era solo un volontario della comunità di Sant’Egidio ad attendere fuori dal carcere i due uomini. Ora le due coppie di genitori si sono riunite nell’alloggio messo loro a disposizione a Cecina dall’Arci. Resteranno lì alcuni giorni prima di decidere quale strada prendere. Non vogliono andare via da Livorno, hanno detto. Sperano adesso che qualcuno mantenga le promesse fatte durante i funerali dei figli. Promesse da parte delle istituzioni locali che si erano dette disposte ad avviare un percorso per integrare le due famiglie.

Ora che i bambini non ci sono più.

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