
Le lettere, gli archivi, la tesi di laurea ovviamente (che è la sua opera principale: La persuasione e la rettorica), le poesie, il leopardiano/socratico Dialogo della salute, e poi le caricature, i disegni, la musica, l'amore per l'Isonzo e il mare, l'eleganza, il portamento da atleta... C'è Carlo Michelstaedter nelle sue tante sfaccettature, nel docufilm Nel tuo occhio, girato in 4k e scritto da Massimiliano Finazzer Flory, prodotto da Movie&Theater in collaborazione con Rai Cinema, presentato a Pordenonelegge e ora portato nelle sale d'essai (domani 10 ottobre si potrà vedere alla Casa del cinema di Roma) in attesa di sbarcare in tv su Rai Play e - spera il regista - anche su Raitre. C'è tutto, fino al 17 ottobre 1910, centoquindici anni fa, quando il giovane filosofo si uccide con un colpo di pistola, nella sua stanza a Gorizia. Ha solo 23 anni. Il gesto finale segna non soltanto la sua esistenza ma anche il suo pensiero, che spesso è stato letto nella chiave del "suicidio metafisico", quasi avesse così portato a compimento la sua filosofia; come se l'uomo "persuaso" non potesse trovare la vita autentica che nella morte e come se fossimo condannati senza speranza alla "rettorica" dell'esistenza e delle parole vuote. Una interpretazione considerata superata perché distante da quanto scritto dallo stesso Michelstaedter; il docufilm indaga, con delicatezza, le ragioni più esistenziali del suicidio (per esempio il rapporto con le donne, come Argia Cassini) e sottolinea l'attualità di un pensiero che sia un prendere "ai ferri corti la vita", una filosofia che parla ai giovani e a coloro che "ancora non abbiano messo il loro Dio nella loro carriera".
Per seguire la vita breve e intensissima di questo ragazzo assetato di assoluto e di verità, un genio in matematica, imbattibile persino dai professori in latino e greco, mitteleuropeo per nascita (a Gorizia, il 3 giugno 1887), ebreo di famiglia (solo la sorella Paula si salva da Auschwitz, perché ha sposato un inglese, e diventa la custode dei suoi manoscritti), italiano per cultura (frequenta l'università a Firenze), Nel tuo occhio si muove nei luoghi di Michelstaedter: la casa natale in piazza della Vittoria a Gorizia, il Parco Coronini Cronberg, il Castello, il ghetto, lo Stadt Gymnasium (dove lo incrociò Biagio Marin), l'Isola della Cona, l'Adriatico...
Finazzer Flory lascia parlare chi lo ha studiato e amato, come Sergio Campailla, che ne ha curato le opere per Adelphi, il musicologo Quirino Principe, e poi Massimo Cacciari, Marcello Veneziani, Paolo Magris, Gian Mario Villalta, Antonella Gallarotti, Carolina Lantieri Piccolomini. È Quirino Principe, "goriziano doc", a ricostruire l'ultimo giorno di vita del filosofo, secondo una inedita chiave musicale. "La sorella di Carlo, Paula, era tornata a Gorizia dopo la guerra e mia nonna mi parlava di lei - ci racconta Principe - Dopo la maturità la andai a trovare: era una signora di quasi settant'anni, minuta e vivacissima, che aveva conservato tutte le reliquie cartacee di Carlo. Mi parlò a lungo di lui e anche della sua passione per Beethoven, in particolare per la Settima Sinfonia". Giannotto Bastianelli, amico di università di Carlo a Firenze, ricordava dei litigi a sfondo musicale: "Lui era un compositore e pianista vicino ai futuristi - ricorda Principe - e un wagneriano di culto. Così, nelle loro passeggiate, Michelstaedter cercava di convertirlo al culto di Beethoven... L'ultimo giorno della sua vita, al mattino Carlo aveva spedito la copia finita della sua tesi all'Università. Poi, dopo un litigio con la madre, che amava moltissimo, e dopo averle scritto una lettera di scuse, andò a casa di Argia Cassini e, in quel pomeriggio terribile, la costrinse a suonare l'Allegretto della Settima Sinfonia di Beethoven un numero infinito di volte, quasi per punirsi...
L'Allegretto è una specie di marcia funebre". Un mistero, certo. Eppure il pensiero di Michelstaedter non è misterioso: parla ancora a tutti, ed è bello sentirlo risuonare al cinema, nei suoi luoghi, raccontato dalle voci a lui vicine.