da Roma
«Un giudice non deve essere soltanto imparziale. Deve anche apparirlo. È curioso sostenere, come ha fatto la Corte dappello, che Nicoletta Gandus, pur essendo un mio palese nemico politico, nel momento in cui arrivasse a scrivere una sentenza nei miei confronti saprebbe non venir meno al vincolo dimparzialità impostole dalla Costituzione». Nel giorno del suo settantaduesimo compleanno, Silvio Berlusconi torna ad affondare il colpo sulla questione giustizia. E lo fa puntando lindice su quelle che secondo il premier sono due «anomalie evidenti» del processo Mills: le prove a discarico «intenzionalmente ignorate» - dice a Bruno Vespa nel suo ultimo libro Viaggio in unItalia diversa - e il giudice chiamato ad emettere la sentenza, «politicamente impegnato» e «avversario politico dichiarato».
Chiusa la partita Alitalia, dunque, appare sempre più chiaro che il prossimo appuntamento su cui si concentrerà il governo sarà la riforma della giustizia. Perché, nonostante il lodo Alfano, è la convinzione del premier, la magistratura ha deciso di continuare sulla strada dello scontro frontale, prima con la Procura di Milano che ha sollevato la questione di costituzionalità sul lodo e poi con il tribunale che ha rinviato la pratica alla Consulta. Non è un caso che Berlusconi decida di «ringraziare il Parlamento» che «su proposta del ministro Alfano» ha approvato «un provvedimento di legge comune ad altri Paesi europei che prevede il rinvio dei processi contro le quattro più alte cariche dello Stato sino alla fine del loro mandato» ma «facendo salvi i termini della prescrizione». «Un provvedimento - sottolinea il Cavaliere - necessario in un sistema giudiziario come il nostro in cui operano alcuni magistrati che invece di limitarsi ad applicare la legge, attribuiscono a se stessi e al loro ruolo un preteso compito etico».
E non solo sul versante giustizia, ma su tutti i fronti aperti il governo è intenzionato ad andare avanti per la sua strada visto che il dialogo con lopposizione - ribadisce Berlusconi - è chiuso una volta per sempre. «Basta leggere i giornali», dice riferendosi allintervista in cui Walter Veltroni ha paragonato il governo italiano a quello di Putin e a quella in cui Leoluca Orlando è arrivato a parlare di «modello argentino». «E le minacce di scendere in piazza e di fare scioperi - aggiunge al suo arrivo a Villa Campari sul lago Maggiore - non ci fanno alcuna impressione. Anzi, ottengono leffetto contrario. Ci stimolano ancora di più ad andare per la nostra strada».
Il governo, quindi, andrà avanti per la strada segnata in campagna elettorale: «Abbiamo ottenuto un ampio mandato dalla maggioranza dei cittadini e vogliamo mantenere fede a quanto promesso. Non ci fermeremo per nessuna ragione a meno che non arrivino proposte di buon senso, ma da questa sinistra non ne sono arrivate».
Daltra parte, chiusa la vertenza Alitalia («vi ricordate gli scherni, le ingiurie durante la campagna elettorale?») Berlusconi è convinto di aver fatto molto e di poter portare avanti senza incertezze il programma di governo. E oltre alla giustizia sarà certamente la scuola laltro fronte caldo. Perché la Cgil ha annunciato lintenzione di fare uno sciopero generale e perché il Cavaliere non ha alcuna intenzione di arretrare di un passo sulla riforma Gelmini. «La scuola - attacca il premier - tornerà a essere ordinata e i ragazzi impareranno le tre famose ì: inglese, internet e impresa. Il maestro unico sarà il riferimento ma ci saranno anche quelli di educazione fisica e inglese, in modo che aumenteremo del 50% il tempo pieno che tanto piace alle famiglie».
Una battuta anche sul federalismo fiscale che il premier è sicuro di mandare in porto.
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