Enrico Groppali
La riproposta, a sette anni di distanza, di uno dei testi più alti di Marguerite Duras da parte di un'attrice come Giuliana Lojodice offre la possibilità di fare alcune considerazioni sui classici della letteratura teatrale degli ultimi cinquant'anni. Un'epoca, quella del secondo Novecento, datata ieri ma che riflette in modo inquietante le problematiche di oggi. Non è un caso che alcune tra le più grandi scrittrici degli ultimi trent'anni abbiano scelto, al posto del mélo, l'ambiente chiuso e soffocante del thriller per convogliare sul frusto materiale del crimine le inquietudini della persona umana. Da Patricia Highsmith a Muriel Spark, per non parlare di Ivy Compton-Burnett, l'agghiacciante scomparsa di un essere per mano di un altro essere ha dato luogo a un iter che, sulla pagina, le signore della narrativa hanno promosso a un'indagine complessa sul senso della vita e della morte.
Ora nel caso dell'Amante inglese, il caso giudiziario si complica dilatandosi e insieme prendendo le distanze dal capostipite Dostoevskji. A cui la Duras, vissuta nell'era della psicanalisi, contrappone la sconcertante sentenza che non si possa e non si debba, parlare dei delitti e delle pene comminate da Cesare Beccaria. Perché mai? Forse per il semplice motivo che tanto poco sappiamo sull'inquietudine e l'afasia come sulla presenza o sulla tragica assenza di un inquisitore al di sopra delle parti. Per questo motivo, il grande spettacolo firmato da Giancarlo Sepe, stavolta applaudito anche come attore al posto di Aroldo Tieri che a suo tempo creò mirabilmente il personaggio di Pierre, impone a Giuliana di deambulare a grandi falcate sulla scena come una sonnambula perseguitata dal ricordo ossessivo della vittima. Quella sordomuta con la quale condivise lo spazio occlusivo della casa di cui a tratti scorgiamo il capo, cinto da una nube di capelli rossi, affacciarsi da una botola come un orrido reperto dei giochi proibiti del Divin Marchese.
Coadiuvato dall'inesorabile fermezza di Pino Tufillaro, il magnifico duetto formato dal regista e dalla sua splendida interprete non teme rivali iscrivendosi di diritto nell'albo d'oro di un teatro come il nostro, ahimé troppe volte insensibile al mal d'amore e alla tortura esistenziale della Duras.
L'AMANTE INGLESE - di Marguerite Duras Regia di Giancarlo Sepe, con Giuliana Lojodice. Roma, Piccolo Eliseo, fino al 16 febbraio.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.