Londra blocca il «Grande fratello» della finanza

ZONE D’OMBRA Non ancora affrontato il nodo sul monitoraggio degli hedge fund

Londra blocca il «Grande fratello» della finanza

Alla fine, Londra è riuscita a stoppare la nascita del Grande fratello, considerato occhiuto e troppo invasivo, una minaccia alla sovranità nella gestione dei conti pubblici. Si è così piegato il Consiglio di Stato europeo pur di strappare un compromesso sulla riforma della vigilanza finanziaria, destinata a diventare operativa nel corso del 2010, una volta messo a punto, nel prossimo autunno, l’impianto legislativo.
Come tutti i compromessi, la soluzione non è priva di debolezze, è monca soprattutto nella parte relativa al controllo degli hedge fund e non sembra avere in prospettiva la stessa forza d’urto delle nuove regole adottate nei giorni scorsi da Barack Obama con l’attribuzione alla Fed di ampi poteri. Le impuntature degli inglesi, spaventati dall’idea di perdere il controllo su un settore che genera l’8% del Pil, hanno così prodotto una struttura bicefala, depotenziata rispetto alle proposte avanzate in febbraio dal gruppo coordinato da Jacques de Larosière. La Bce avrà sì il compito di sovrintendere l’European systemic risk council, ma la guida dell’organo incaricato di monitorare e lanciare l’allarme contro il rischio di instabilità macroeconomica non sarà automaticamente di competenza del presidente della Bce stessa, come inizialmente prospettato; il nome dovrà invece essere formulato dal Consiglio generale della Banca centrale. Di fatto, si tratta di una concessione marginale: in teoria sarà possibile eleggere anche il governatore di una banca centrale al di fuori della eurozona, ma è ovvio che la scelta del board di Francoforte finirà per ricadere quasi certamente su chi presiede l’Eurotower.
Ben più sostanziali sono i cambiamenti che riguardano l’impalcatura delle tre agenzie paneuropee di vigilanza su tre settori-chiave come banche, assicurazioni e Borse. Evoluzione naturale degli attuali comitati Ue, queste autorità dovevano avere non solo un compito di monitoraggio, ma anche il potere di imporre agli Stati membri il salvataggio (o la liquidazione) di istituti di credito e compagnie di assicurazione con l’utilizzo di risorse statali senza tener conto dello stato di salute dei conti pubblici. Il premier britannico, Gordon Brown, si era battuto fin dall’inizio contro questa impostazione, ribaltata infatti nel compromesso raggiunto. «Riconoscendo le importanti e eventuali spese che possono essere implicate per gli Stati membri - si legge nel documento -, il Consiglio europeo sottolinea che le decisioni delle autorità Ue non devono coinvolgere in nessun modo le responsabilità di bilancio degli Stati membri».
È evidente che il punto d’incontro raggiunto ha annacquato la riforma, del tutto carente su un aspetto delicato come l’azione di vigilanza sui fondi speculativi.

«Il problema del sistema precedente - ha spiegato ieri Lorenzo Bini Smaghi, componente del direttivo della Bce - è che c’erano intere aree del sistema finanziario fuori dalla regolamentazione, riportarle dentro è un primo passo fondamentale per qualsiasi riforma». Al momento, però, è solo nella fase di studio il monitoraggio più severo degli hedge fund, peraltro già sul piede di guerra contro la direttiva sul controllo dei fondi alternativi.

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