C’era una volta una famosa università britannica. Si chiamava London School of Economics, e solo a pronunciarne il nome si chinava automaticamente il capo con un rispetto che virava in autentica deferenza. Un tempio del sapere. Un college di lusso che rilasciava patenti, cioè master, che valevano come pepite d’oro. Tra ex allievi e professori della prestigiosa istituzione fondata da George Bernard Shaw, fra gli altri, si contano 16 premi Nobel. E poi un presidente degli Stati Uniti, tal John Fitzgerald Kennedy, un cancelliere tedesco, la regina di Danimarca, il principe ereditario di Norvegia, giù giù fino al fior fiore dei consiglieri del presidente Obama e della classe dirigente cinese. Insomma, il meglio.
Che le rigide regole di accesso alla scuola si fossero alquanto infiacchite, nel corso delle stagioni, lo si era capito quando anche Romano Prodi, ex primo ministro italiano, era stato accolto. Ma parliamo già di parecchi anni fa, quando scandali come quello che ebbe per protagonista il figlio di Gheddafi, Saif Al Islam, che si comprò un master a suon di sterline, erano ancora inconcepibili. Poi, era il maggio del 2010, quella che era stata un monumento alla Scienza e alla Cultura, invitò Marco Travaglio a fare il punto sullo stato della libertà d’informazione in Italia. E lì si era capito che un certo mondo finiva, che la mitica London School era finita in barzelletta e tanto valeva laurearsi all’Università di Messina, con tutto il rispetto per l’università di Messina. Mercoledì 18 arriverà a Londra anche Monti e c’è già la coda per assistere al suo intervento.
La notizia che ieri ha riportato d’attualità l’ex prestigiosa istituzione -un deplorevole giocarello a base di cerchi di fuoco e svastiche nazi- la dice lunga sullo svacco di una scuola che passava per il meglio disponibile. Il meglio per serietà di studi ma anche per la dirittura morale di chi, si avventurava tra i saloni del severo tempio di Houghton street. Si tratta di questo. Durante un viaggio-vacanza in val d’Isere di una classe della LSE, tra il 9 e il 17 dicembre, gli studenti hanno messo in scena un gioco in versione nazista con tanto di carte con svastica e saluto al Fuhrer. «The ring of fire», il cerchio di fuoco, si chiama il giochetto, e naturalmente l’alcol vi scorre in quantità industriale. Quella messa in scena non è piaciuta per niente a uno studente ebreo che giudicando offensivo il comportamento dei compagni ha vivacemente protestato rimediando un paio di cazzotti sul naso. Un gioco innocente, nel quale nessuno aveva intenzione di offendere nessuno, si sono scusati gli autori del macabro scherzetto. Ma la notizia è finita ugualmente sui giornali, gettando un’ombra -la più imbarazzante: quella del ridicolo- su una veneranda istituzione che ha superato il secolo di vita.
Eppure, lo scandalo che aveva avuto per protagonista il figlio del colonnello Gheddafi era parso insuperabile, ai tempi, nel 2008, quando il regime libico sembrava incrollabile e il colonnello passava per un capo di Stato magari non rispettabile ma certamente rispettato. Nel fastoso ateneo di Houghton street Saif al-Islam conseguì quattro anni fa un dottorato che all’apparenza sembrava una roba seria, «ringraziando» con una donazione di un milione e mezzo di sterline attraverso una fondazione intitolata al padre. Si scoprì, dopo le dimissioni del rettore del college, che quella di incassare denaro dal regime di Gheddafi (altri due milioni di sterline erano finite nelle casse del college per formare 400 funzionari del regime) era una prassi consolidata ed estesa ad altri governi musulmani non particolarmente democratici. Un patrimonio di cultura, svenduto a regimi che predicano l’odio contro l’Occidente e che proprio a Londra, in molte università e moschee, hanno la loro roccaforte avanzata nel cuore delle «terre nemiche».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.