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Londra come l’Iran, boom di delitti d’onore

Allarme immigrazione: ecco il frutto avvelenato della propaganda islamica. In Gran Bretagna sono raddoppiati in un anno i crimini contro le donne che «svergognano» padri e mariti

Londra come l’Iran,  boom di delitti d’onore

«Una donna deve accettare la propria condizione, altrimenti è una donnaccia». Jasvinder ha 15 anni quando sua mamma le mostra la foto di un uomo che non conosce ma che dovrà sposare perché non ha scelta, perché la sua famiglia ha deciso così. Lei fugge di casa per scampare al suo destino: non vuole abbandonare il Regno Unito, dove è nata, e non vuole cominciare una vita in India. Quando si decide a fare una telefonata per sentire la voce dei suoi, per lei non c’è nessuna clemenza: «Ci hai disonorato, per noi è come se fossi morta».

Jasvinder non è morta ed è oggi la fondatrice dell’associazione Karma Nirvana. Difende le vittime di «crimini d’onore»: ragazzine promesse in spose a uomini che non hanno mai visto, anche a nove anni o poco più. Rinchiuse in casa, da mattina a sera, se si rifiutano di accettare il matrimonio combinato. Minacciate, sequestrate, malmenate, sfregiate con l’acido, mutilate o uccise. A volte solo per aver indossato un paio di jeans, per un filo di rimmel di troppo, per un ombelico scoperto e più spesso per aver detto di no a un marito imposto dalla famiglia. Eppure questo non è il Pakistan, qui non siamo in Iran né nella Sicilia del secolo scorso.

Questa è l’avanzata, multietnica e tollerante Gran Bretagna. Ed è per questo che i numeri forniti dall’Organizzazione per i diritti delle donne iraniane e curde (Ikwro) fanno ancora più impressione: i crimini d’onore sono in rapido aumento, addirittura cresciuti del 47% in un solo anno, tra il 2009 e il 2010 in molte aree del Paese. Almeno 2.823 «incidenti» nel 2010, registrati nelle 39 stazioni di polizia che hanno partecipato alla statistica e che sommati ai 500 in cui sono intervenuti agenti di altre aree porta a oltre 3.300 il totale. A Londra sono passati da 235 a 495, a Manchester da 105 a 189. Dati agghiaccianti frutto anche del coraggio di molte ragazzine che hanno cominciato a rompere il muro e denunciare di più. Ma Jasvinder Sanghera, oggi felicemente sposata con un uomo che si è scelta da sola e madre di tre figlie, è convinta che le cifre reali, quelle che includono le denunce mai arrivate per paura di ritorsioni, potrebbero essere quattro volte più alte.

«Tradizione», «onore»: sono queste le parole che rimbombano nelle vite di migliaia di giovani donne britanniche di origini turche, curde, iraniane o pakistane. Parole che spesso si trasformano in prigione, percosse, violenza estrema. Banaz Mahmod è la Hina d’Inghilterra. Come la giovane di origini pakistane uccisa nel Bresciano per il suo stile di vita troppo «occidentale», Banaz è stata malmenata, violentata e strangolata nel 2006 - aveva appena 20 anni - da due cugini per ordine del padre e dello zio che non approvavano il suo fidanzamento d’amore e volevano che la ragazza rispettasse l’accordo siglato per lei dalla famiglia da quando aveva sedici anni: un matrimonio combinato e il ruolo di moglie e madre sottomessa.

Il supposto «onore» di alcune famiglie vale più della vita. Ma se è vero che i crimini di questo genere sono frutto della «tradizione» più che della religione, è anche vero che la crescita dell’estremismo in Gran Bretagna ha alimentato un fenomeno capace di raggiungere lo scopo dei fondamentalisti: relegare le donne all’unico ruolo di mogli accondiscendenti e silenti. Non è un caso che, oltre a indù e sikh, gli aguzzini peggiori siano soprattutto islamici, spesso iraniani, la seconda comunità più numerosa del Regno Unito dopo gli indiani. Il dilagare della sharia fai-da-te a Londra e dintorni sembra aver creato un humus ideale per questi delitti.

La scorsa estate decine di sobborghi della capitale sono stati riempiti di volantini che più espliciti non si può: «State entrando in una zona sotto il controllo della sharia». Poi tanto di simboli ben evidenti sulle «regole islamiche imposte»: niente alcol, niente fumo o droga, niente musica o concerti, niente scommesse, niente pornografia o prostituzione. L’estremista Anjem Choudary, predicatore d’odio nella tollerante Gran Bretagna, ha rivendicato la campagna, annunciando che è solo il primo passo per la «creazione di un Emirato islamico». Prima che diventasse uno strenuo difensore della legge islamica, pare che Choudary fumasse regolarmente cannabis e abbia provato l’Lsd, oltre che aver sperimentato relazioni fugaci con molte donne.

Ma le sue parole bastano a condannare le giovani donne islamiche d’Inghilterra a un destino peggiore di un burka.

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