Londra vuole espellere spie russe

Vogliono un solo cadavere, il suo. La macabra offerta di Hasan Nasrallah pronto a mercanteggiare con le teste e gli altri resti israeliani raccolti da Hezbollah sui campi di battaglia libanesi ha generato l'effetto contrario. Israele per ora non vuole trattare con il capo sciita, ma ucciderlo, fanno capire alcuni ministri. La nuova tensione alla frontiera con il Libano fa il paio con la drammatica emergenza di Gaza dove il blocco israeliano e il taglio dei rifornimenti alle centrali elettriche provoca il black out assoluto.
Dalle otto di ieri sera tutta la Striscia è al buio e un milione e mezzo di palestinesi vive senza luce e senza riscaldamento. Le agenzie dell’Onu presenti nella Striscia condannano Israele accusandolo di punire ingiustamente i civili palestinesi. Il governo israeliano scarica ogni responsabilità sui gruppi armati palestinesi responsabili dei lanci di missili dai territori di Gaza.
La rabbia israeliana nei confronti di leader di Hezbollah esplode, ieri mattina, durante la consueta riunione domenicale del Consiglio dei ministri. «Nasrallah - tuona il ministro dell'Interno Meir Sheetrit - ha oltrepassato tutti i confini dell'umanità, non c'è nessun bisogno di negoziare con lui, dobbiamo soltanto distruggerlo». Per il collega Zeev Boim, il segretario generale di Hezbollah è soltanto «un topo di fogna» e non deve più vedere la luce del giorno. Shetrit e Boim sono del Kadima, il partito del premier Ehud Olmert, fondato da Ariel Sharon. «Non capisco - aggiunge Yitzhak Cohen, l'esponente del partito ortodosso Shas alla guida degli Affari religiosi - perché gli sia consentito respirare, avremo dovuto liquidarlo tempo fa... Il mio consiglio cari colleghi è di decidere l'assassinio di quell'uomo».
Tanta veemenza preoccupa il ministro della Difesa, il leader laburista Ehud Barak. Lui preferirebbe non dar corda a quel capopolo ricomparso in pubblico dopo un anno di latitanza. «Il fatto determinante non sono i commenti di Nasrallah - ricorda Barak - ma non rafforzarlo concedendogli più credito di quanto non meriti, lui gioca soltanto sulla pressione psicologica». Per molti analisti quel messaggio raccapricciante è, in effetti, un segno di debolezza. Nasrallah ha più volte ottenuto la liberazione di centinaia di prigionieri imponendo scambi sproporzionati. Nel gennaio 2004 strappò a Sharon la liberazione di 425 prigionieri arabi in cambio dei cadaveri di tre soldati israeliani e di un ex colonnello catturato con un sordido affare di droga.
Quegli scambi impari e cinici gli hanno garantito fama e ammirazione, ma da qualche tempo la sua stella sembra in declino. La guerra del 2006 gli è costata il controllo del Sud del Libano e, secondo molte voci, il grande protettore iraniano l'ha punito togliendogli il controllo dell'ala militare dell'organizzazione. Il cocciuto testa a testa con il governo sta paralizzando il Libano, impedisce la nomina di un presidente e gli sta, inoltre, facendo perdere consensi sul fronte interno. Nasrallah cerca dunque il colpo di coda e studia il momento migliore. In Israele l’imminente rapporto finale della commissione Winograd sul comportamento del governo Olmert durante la guerra del 2006 minaccia di assestare una dura mazzata all'esecutivo.
La notizia di quei resti abbandonati, inconcepibile per una religione che impone la sepoltura completa dei corpi, rischia dunque di amplificare il malcontento. L'esercito israeliano pur bollando la «mossa cinica e crudele...

indifferente ai più fondamentali codici etici» non smentisce Nasrallah. Almeno una decina di cadaveri recuperati in Libano presentavano - ammettono i militari - tremende mutilazioni e sono stati sepolti dopo la consegna alle famiglie di un dettagliato rapporto sulle loro condizioni.

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