L’unica che sembrava potesse aver fatto qualcosa di simile - informano da Londra - era una giornalista canadese del Globe and Mail, quotidiano di Toronto. Ma alla fine non c’è stata partita: troppo lunga la serie (11 anni), troppe le puntate (500), troppo estese le interviste (una pagina intera, talvolta addirittura due). E così Stefano Lorenzetto c’è riuscito: il suo record di intervistatore più tenace del mondo è stato iscritto nel Guinness dei primati. La motivazione, riportata nel «Certificate» filigranato arrivato dal Regno Unito, non ha bisogno di traduzioni, perché racconta in lingua inglese quello che abbiamo appena scritto: «The longest running weekly interview on a newspaper has been published uninterruptedly by journalist Stefano Lorenzetto on the Italian newspaper Il Giornale from 23 June 1999».
La notizia che la serie Tipi italiani avrebbe potuto entrare nel Guinness world records - il libro più diffuso al mondo dopo la Bibbia, tradotto in 28 lingue e pubblicato in un centinaio di Paesi, con oltre 3 milioni di copie vendute ogni anno - era stata anticipata dal nostro quotidiano in occasione della 500ª puntata domenicale, il 20 giugno scorso, quando Lorenzetto aveva intervistato (allargandosi addirittura su tre pagine) Vittorio Feltri, che lo ebbe come suo vicedirettore vicario durante la prima direzione al Giornale.
Da Londra s’era fatto vivo il vicepresidente della corporate Guinness World Records, Marco Frigatti: «Si tratta di un record interessante e incredibile, che attualmente non esiste. Ho chiesto al mio team di ricercatori nella sezione Mass media di valutare la possibilità d’istituire questa nuova categoria, interviste, in vista dell’omologazione del primato».
Dopo approfondite ricerche, adesso dalla sede di Drummond Street è arrivata la notizia che il record di Lorenzetto è stato appunto omologato e sarà riportato nell’edizione 2011 del Guinness World Records, pubblicata in Italia da Mondadori. Un record senza fine: le interviste di un’intera pagina, uscite a partire dal 23 giugno 1999 e dedicate prevalentemente a personaggi sconosciuti al grande pubblico (non a caso la prima s’intitolava «Jò Melanzana, il gigolò della Valsugana»), continuano. Tutte insieme, hanno già raggiunto una lunghezza quasi doppia rispetto a quella delle Sacre Scritture: circa 8 milioni di battute. A voler essere pignoli, la contabilità è ancora più impressionante, perché le paginate cominciarono nell’agosto 1998 con la serie Gente di un altro secolo, seguita da L’altra Italia.
Da quando si pubblica il Guinness dei primati, cioè dal 1955, Lorenzetto è il secondo giornalista italiano a conquistare per motivi professionali l’ambito riconoscimento. Il primo fu don Andrea Spada, rimasto per 51 anni alla guida del quotidiano L’Eco di Bergamo e subentrato come direttore più longevo del mondo a sir Etienne Dupuch (che aveva diretto il Nassau Tribune per 53) dopo la morte di questi nel 1991.
Per la sua attività di intervistatore, che si è tradotta anche in una decina di libri (il prossimo, Cuor di veneto, uscirà per Marsilio l’8 settembre), il cercatore di tipi italiani ha ricevuto attestazioni di stima da Enzo Biagi («Lorenzetto si fa leggere ed evita è il più grande difetto della nostra categoria: annoiare»), Sergio Romano («La più grande intervista degli ultimi cinquant’anni è quella che André Malraux fece a De Gaulle negli ultimi mesi prima della morte di De Gaulle. È uno splendido libro, una magnifica intervista. E quando la presentò al pubblico, Malraux, che non era modesto, disse: “Questa non è una fotografia, è un ritratto del Greco”. Ora Malraux forse esagerava un po’, ma è vero: era un grande ritratto. E credo che quelli che Lorenzetto ha fatto siano dei grandi ritratti. Dei ritratti costruiti con la collaborazione del ritrattato, ma ritratti d’autore»), Jader Jacobelli («Le sue non sono interviste ma racconti di vita straordinari. Se non lo conoscessi, direi che i personaggi li inventa lui!»), Claudio Sabelli Fioretti («Il più bravo intervistatore d’Italia»).
Dopo aver letto l’intervista sulla tragica storia di Ida Dalser, la prima moglie di Benito Mussolini, che otto anni più tardi avrebbe ispirato al regista Marco Bellocchio il film Vincere, lo scrittore Aldo Busi ci inviò questo fax: «In volo da Atene a Roma (questo per dire come mi è capitato fra le mani Il Giornale) ho letto l’intervista di Stefano Lorenzetto. Grande pezzo, grande compagnia; erano secoli che non leggevo un’intervista così narrativamente ben strutturata e ben scritta, così avvincente e coraggiosa innanzitutto nella forma (la sostanza è di tale presa che chiunque, oggi, l’avrebbe fatta franca con qualsiasi sciattezza o fretta stilistica). E ottima impaginazione, neppure un refuso, punteggiatura accurata (il problema della citazione all’interno del racconto in prima persona: non ne tiene più conto nessuno di questi caotici scribacchini dell’Ordine): un vero regalo di accuratezza storica, di passione piegata alla disciplina del rispetto verso il lettore, una lingua viva».
Pietro Calabrese, che ha avuto in squadra l’autore dei Tipi italiani come intervistatore quand’era direttore di Panorama, ha scritto di lui sul mensile Prima Comunicazione: «Ricordo la precisione, la meticolosità e la cura che Stefano Lorenzetto mette nello scrivere le sue interviste. Inferiore solo alla precisione, alla meticolosità e alla cura con cui le prepara. È facile, a quel punto, essere il “numero uno” nel suo genere in Italia».
Come premio per l’ammissione nel Guinness world records, la direzione del Giornale ha concesso a Lorenzetto una pausa ferragostana dei Tipi italiani. Pausa per modo dire, visto che la sua firma è comunque presente su queste pagine anche oggi...
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