"Lorenzo muore, mandato al macello"

Ha un nome lo 007 italiano che sopravvive ormai solo grazie a un respiratore: Lorenzo D’Auria. Sconvolto il padre: "È uno schifo, sono tutti assassini"

"Lorenzo muore, mandato al macello"

Perdere un figlio è sempre atroce. Anche se il figlio in questione aveva scelto di lavorare nel servizio segreto militare, e dunque aveva messo nel conto di dover compiere missioni a rischio. E le missioni a rischio si chiamano così perché non è come al cinema, dove James Bond vince sempre e a pagare pegno sono i cattivi. Nella realtà, agli agenti segreti, ai militari che hanno scelto questa carriera, così come ai giornalisti che scelgono di seguire i conflitti da vicino, capita di restare feriti, quando il gioco si fa duro. E talvolta di morire.

Un padre, una madre che perdono un figlio hanno il sacrosanto diritto di sfogare il loro dolore anche quando il figlio in questione era un militare. Non devono stupire, dunque, le parole di rabbia pronunciate dal padre di Lorenzo D'Auria, l'agente del Sismi in coma dopo essere stato ferito nei giorni scorsi in Afghanistan. Lorenzo, ricoverato al Celio, è tenuto in vita da un respiratore artificiale. E a meno di un miracolo morirà. Mario D'Auria, il padre, lo sa, e parla del figlio come se già fosse morto, travolgendo nei suoi duri giudizi Prodi, Berlusconi, Bush e insomma tutti coloro che, da leader, «mandano i ragazzi a morire».

«Chi lo sa chi gli ha sparato? Non lo sapremo mai», ha detto l'uomo, originario di Gragnano, in provincia di Napoli, in un'intervista rilasciata a Sky Tg24. Nell'intervista, il padre del militare (che abitava a Livorno, e lascia tre figli) adombra il sospetto che a ferire mortalmente il funzionario del Sismi sia stato il «fuoco amico» degli incursori inglesi e italiani autori del blitz che portò alla liberazione dei due agenti segreti italiani sequestrati nel sud ovest dell'Afghanistan.
«Ultimamente - racconta Mario D'Auria - Lorenzo non voleva più andare in missione. Era triste. O aveva avuto minacce prima, o sapeva dove andava. E domenica doveva tornare a casa».

Poi le parole si fanno dure: «Mio figlio è morto. Dicono che è vivo, ma da ex militare so che con ferite così non si sopravvive. E allora dico che è tutto uno schifo. E che sono tutti assassini: Prodi e Berlusconi».

Al padre del militare era stato offerto di far visita al figlio, ricoverato all'ospedale militare di Roma. «Sono venuti a prendermi, ma a Roma non sono andato perché se vado lì mi arrestano. Non sappiamo neppure che cosa facevano, in Afghanistan. Lorenzo, per senso del dovere, non diceva mai niente, neanche agli amici più cari».

Qualcosa, tuttavia, Lorenzo deve aver raccontato in famiglia se ora il padre sa di «incursioni alle frontiere». Incursioni nel corso delle quali «i servizi segreti dovevano scoprire se le armi passavano di là, per fare contento Bush che commercia le armi».

Lorenzo D'Auria è padre di tre bambini di due anni, un anno e due mesi. L'ultima volta era tornato a casa proprio per assistere alla nascita del terzogenito. Tra qualche giorno avrebbe concluso la sua missione. «Completava il ciclo proprio in questi giorni, domenica doveva venire a casa perché finiva il ciclo dei sei mesi», ha concluso il genitore.

Giudizi durissimi, quelli di Mario D'Auria; ma comprensibili, commenta il ministro della Difesa Arturo Parisi. «Il dolore giustifica ogni parola. Ancora di più - aggiunge Parisi - il dolore di un padre per la perdita dell'unico figlio maschio per anni cercato e profondamente amato. Avendo parlato a lungo con persone che lo conoscono e lo amano - ha concluso il ministro - posso solo dire che della missione a lui affidata il suo ragazzo era pienamente consapevole e fiero».

Oggi pomeriggio, a Roma, sono intanto previsti gli interrogatori dell'altro militare rimasto ferito nel blitz e dell'interprete

afghano. Tra i primi atti dell'indagine affidata al procuratore aggiunto di Roma Franco Ionta ci sarà una perizia balistica, tendente ad accertare da quali armi sono partiti i colpi che hanno ferito i due agenti del Sismi.

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