Tra un vate e una cassandra hanno prevalso ancora una volta buon senso ed equilibrio della classe imprenditoriale. Con grande coraggio, e voglia di rivalsa nei confronti della crisi, le imprese nautiche (grandi e piccole) hanno investito nei nuovi modelli rischiando pelle e bottega. Nonostante l’accanimento fiscale che in parte ha bloccato gli acquisti. Nonostante quel leasing che quasi nessuno ottiene. E banche più «attente» ad altri settori. Detto questo, e nonostante questo, dal settore nautico arrivano segnali di ripresa. Segnali modesti, ma pur tuttavia incoraggianti. Attenzione però, stiamo tornando allo slogan elettorale del 2006: «Anche i ricchi piangono». Ricordate? Bene. Recentemente abbiamo letto «riflessioni» a dir poco superficiali sul mondo della nautica. Del tipo: «Appena uno fa i soldi ecco che si fa la barca... Va di moda il Billionaire-style... I bestioni fermi 11 mesi l’anno... Porticcioli e marine ghiotto business per i costruttori... Migliaia di litri di carburante alla faccia del risparmio energetico...». Retorica e demagogia. E i cantieri? E quelle migliaia di lavoratori, di professionisti, di imprenditori che ogni giorno sudano in azienda? Mah! Esiste almeno il rispetto? Fatta salva la libertà d’opinione, ecco invece come la pensano tre autorevoli imprenditori.
Lamberto Tacoli: "Quel mercato diverso uscito dalla crisi ci riporta all'impresa"
Massimo Perotti: "Accesso al credito e stop agli arrembaggi. O sarà notte fonda"
Riccardo Radice: "Con euro-dollaro pari avremmo il 35% di competitività in più"
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