L'ospedale fa più vittime della strada

Ogni anno gli italiani che contraggono infezioni ospedaliere sono 600 - 700 mila. É un problema drammatico, soprattutto se si considera che il contagio avviene nel tempio della salute. Le più diffuse tra queste infezioni sono le urinarie, seguite da quelle chirurgiche, dalle polmonari e dalle setticemie.
Si stima che il 30% delle infezioni ospedaliere siano prevenibili (135-210 mila) e nell'1 per cento dei casi causa diretta di decessi. Da anni la loro frequenza è in Italia analoga a quella registrata nei Paesi europei, con un'incidenza tra il 4,5 - 7% dei ricoveri (9,5 milioni all'anno) ed una mortalità dell'1%, inferiore a quella di numerosi altri paesi.
Sul piano della prevenzione molto è stato fatto. Nel triennio 2008-2010 sono state registrate in Italia 2,26 milioni di infezioni ospedaliere che hanno provocato circa 7mila decessi all'anno ed un costo a carico del Servizio sanitario nazionale che oscilla tra i 4,8 e gli 11,1 miliardi di euro. Le vittime delle infezioni ospedaliere sono superiori in Italia a quelle degli incidenti stradali .
«Già nel 1985 – ricorda Giuseppe Ortisi, microbiologo all'ospedale San Carlo di Milano – una circolare ministeriale raccomandava l'istituzione di programmi regionali di controllo e l'avvio in ciascun presidio ospedaliero di un piano per contrastare le infezioni. Sono vitali le misure di controllo quali il frequente lavaggio delle mani del personale sanitario; riduzione delle manovre di cateterizzazioni vescicali con sistemi di drenaggio chiusi ;adeguata disinfezione della cute per una prevenzione delle contaminazioni batteriche. Infine mobilizzazione precoce degli ammalati e ginnastica respiratoria per prevenire le broncopolmoniti. Tuttavia va segnalato che il 70% delle infezioni è dipendente dalle condizioni cliniche del paziente e dalla sempre maggiore incidenza di batteri resistenti agli antibiotici».
Negli ultimi trenta anni il crescente interesse al problema delle infezioni contratte durante il ricovero ha stimolato istituzioni internazionali e ricercatori che hanno messo in atto protocolliper prevenirne l'insorgenza. Nel 1980 i Centers for Disease Control di Atlanta hanno per primi pubblicato delle linee guida per la prevenzione delle infezioni , la complicanza più frequente e grave dell'assistenza sanitaria. Nella clinica universitaria di Uppsala, l'adozione di rigide misure preventive ha portato alla riduzione dal 5,5 a meno dello 0,5% del tasso di infezioni dei pazienti operati.
«Anche in Europa – precisa Ortisi - oggi è attiva una rete, l'European Centre for Disease Prevention and Control che monitora costantemente la situazione epidemiologica ed indica le misure da adottare. La lotta alle infezioni nosocomiali è multidisciplinare e coinvolge tutto il personale dell'ospedale.I microbiologi svolgono una costante sorveglianza per individuare i responsabili dell'infezione e suggerire la terapia antibiotica mirata. Con nuove apparecchiature si sono di molto ridotti i tempi dei processi di semina dei campioni presi in esame, isolamento ed identificazione. All'ospedale Niguarda di Milano vi è un sistema, primo al mondo, realizzato da una società bresciana, che negli Stati Uniti si è imposta con i tamponi di prelievo.

Negli ultimi due anni abbiamo registrato una flessione delle infezioni urinarie e chirurgiche ed un aumento di quelle polmonari e del sangue». Le infezioni ospedaliere incidono sulla qualità di vita del malato e sui bilanci delle Regioni in quanto moltiplicano le giornate di degenza.

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