Alberto Pasolini Zanelli
da Washington
Bush è rientrato a Washington soddisfatto e incolume. Soddisfatto, anzi molto, dal successo della svolta storica che egli ha avviato in India; incolume, forse anche politicamente, dalla tappa successiva e conclusiva del suo periplo nellAsia Meridionale, quella in Pakistan. Latmosfera era completamente diversa, laccoglienza più tormentata, la sporta dei regali del presidente Usa per i suoi ospiti molto più ridotta. In termini pratici essa consiste nella rinuncia Usa a un veto preannunciato: la costruzione di un gasdotto che porti combustibile iraniano in Pakistan e, attraverso il Pakistan, in India.
A Washington si era manifestata una forte opposizione, ma Bush, durante il suo soggiorno a Islamabad, ha lasciato cadere le obiezioni. «Non abbiamo niente in contrario. Quello che ci preoccupa dellIran non è il gasdotto ma lintenzione di produrre armi nucleari, e io sono convinto che unarma nucleare nelle mani degli iraniani sarebbe molto pericolosa per tutti noi». Tuttavia, ed è un segno in più della disparità di trattamento riservata ai due grandi Paesi del sub-continente indiano, lAmerica non fornirà al Pakistan quellassistenza tecnologica che ha invece offerto allIndia per lo sviluppo di centrali nucleari ad uso pacifico. Il perché lo ha spiegato in fretta: «Pakistan e India sono Paesi differenti con necessità differenti e una differente storia. La nostra strategia si baserà su queste differenze che sono ben note».
Laltro frutto dellaffrettato vertice di Islamabad è il riconoscimento di Bush a Musharraf che il suo Paese ha fatto la sua parte nella lotta al terrorismo: «Continueremo a combattere questa guerra e la vinceremo assieme, anche se resta ancora molto da fare». Resta, soprattutto, da trovare Osama Bin Laden che da quattro anni si aggira in territorio pakistano o in unarea immediatamente adiacente in Afghanistan. «Dobbiamo localizzarlo - ha ribadito Bush - condividere le informazioni per catturarlo e poi processarlo. Non retrocederemo di fronte a questi assassini. Parte della mia missione odierna era sapere se il presidente Musharraf continua ad impegnarsi come in passato in questo compito. E ho visto che lo è».
Il leader pakistano lo ha ribadito a sua volta: non defletterà da questo impegno, anche se, ha ammesso, «ci sono state disarmonie ed errori nella conduzione della nostra strategia comune». Questo anche perché Al Qaida continua a godere in Pakistan di sostegno e simpatie popolari. Lo si è visto anche dal modo in cui è stata condotta la visita di Bush, in netto contrasto con laccoglienza che egli ha ricevuto a Nuova Delhi. È durata meno di venti ore in tutto, i colloqui si sono svolti in una specie di bunker nel palazzo presidenziale, Islamabad era stata trasformata in una città in stato di assedio, continuamente sorvolata da elicotteri militari, le strade principali sigillate dalla polizia in tenuta da combattimento.
Lunica comparsa del visitatore allaria aperta è avvenuta sul campo di cricket del compound presidenziale e Bush ha partecipato simbolicamente a questo sport britannico che lesperienza coloniale ha impiantato solidamente in Pakistan. A dargli il benvenuto cerano anche esponenti sportivi, ma non la superstar del cricket pakistano, Imran Khan, un campione miliardario che si è dedicato alla politica e ha fondato un partito di opposizione a Musharraf e allAmerica. Egli voleva anzi condurre personalmente una manifestazione di protesta, ma è stato messo agli arresti domiciliari preventivi, così come centinaia di esponenti integralisti.
Un segno in più di quanto fosse e sia tesa la situazione: il giorno prima dellarrivo di Bush un diplomatico americano è stato assassinato a Karachi, la più popolosa città del Pakistan, e mentre i colloqui erano in corso i guerriglieri di Al Qaida hanno lanciato una «controffensiva» nella «zona tribale» al confine con lAfghanistan (larea in cui si presume si trovi Osama Bin Laden), lanciando razzi su postazioni dellesercito, che ha risposto con un barrage di artiglieria.
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