Lou Reed stregato dalla fotografia

Lucio Filipponio

È stato Lou Reed, icona del rock internazionale, a inaugurare nella veste insolita di fotografo la sua personale su New York ospitata fino al 10 giugno alla galleria «1/9 unosunove» di via degli Specchi. «Lou Reed’s New York» è la prima raccolta di foto realizzate dal cantante completamente in digitale. Cieli, acque, nuvole, alberi, luci, case, strade. L’amore per il dettaglio al quale ci ha abituato la sua musica, lascia il posto ad uno sguardo che si perde nello spazio, attraverso il gioco sapiente di campi lunghi e grandangoli sulla Grande Mela. Lou Reed è quello che in americano è detto shutterbug: un fanatico dello scatto. Scatti sparati su un tramonto nel New Jersey, ciò che viene inquadrato dalla sua finestra di casa nel West Village, con affaccio sull’Hudson River. «Una testimonianza dello spettacolo di luce celestiale della città. Un quotidiano annotare il maestoso volteggiare del cielo - spiega lo stesso Lou Reed - e delle acque prodotto da una divinità di un infinito talento ed originalità che un fotografo può solo carpire, mettere a fuoco e pregare che questa o quella macchina fotografica, quegli obiettivi, digital back e tutte le tecniche avanzate dell’ultimo minuto possono in qualche modo catturare un frammento di breve superiore magnificenza che si palesa per ispirare chiunque stia guardando». Tante le foto ai grattacieli stagliati sullo skyline, a qualsiasi ora.
Labile il collegamento alla serialità di Warhol, più evidente il richiamo alle sperimentazioni video del pioniere della pop art, a quelle inquadrature fisse sul profilo della città per intere giornate, per rivedere poi la metamorfosi newyorkese a velocità vertiginosa.

Dal cantautore della downtown newyorkese ci si sarebbe aspettato di vedere evocati volti, suoni, odori di Brooklyn, mentre a farla da padrone è una metropoli surreale, intimista, sospesa tra una coloratissima carrellata di tramonti e la totale assenza di persone.

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