Dal Louvre a Milano l’ultimo enigma di Leonardo da Vinci

E merge dal buio come galleggiasse all’interno della teca di cristallo che lo contiene. Il delicatissimo congegno che lo illumina ne rivela i riccioli castano-biondi, sottolinea l’ambiguo sorriso, fa emergere la mano che punta verso un aldilà indefinito al di fuori del dipinto.
Si presenta così da domani ai milanesi nella Sala Alessi di Palazzo Marino il San Giovanni Battista che Leonardo dipinse presumibilmente fra il 1505 e il 1513 e portò con sé fino alla morte. Complesse le vicende della piccola tavola di noce (cm 69x57): riportata in Italia dall’allievo Gian Giacomo Caprotti (il «Salaino»), approdò in Inghilterra nelle raccolte di re Carlo I, fu acquistata dopo la decapitazione del sovrano da due mercanti francesi e rivenduta al collezionista tedesco Everhard Jabach che a sua volta la rivendette verso il 1660 agli agenti di Luigi XIV. Dalle raccolte del Re Sole passò poi al Louvre. È grazie alla collaborazione instauratasi fra Eni e il museo parigino che il dipinto a olio - fra i più enigmatici di Leonardo - arriva a Palazzo Marino per un’ esposizione monotematica, un anno dopo il grande successo della Conversione di Saulo del Caravaggio (160.000 visitatori). E vi giunge mentre cadono una serie di anniversari significativi: a 490 anni dalla morte di Leonardo (il 2 maggio 1519 nel castello di Cloux presso Amboise) e settant’anni dall’unico passaggio italiano del dipinto, il 9 maggio 1939, data in cui il fascismo celebrava il terzo anniversario della fondazione dell’Impero con una grande mostra leonardesca alla Triennale di Milano, curata dall’architetto Giuseppe Pagano. Una straordinaria convergenza di sinergie è alle spalle dell’eccezionale prestito del Louvre: promossa da Eni, la rassegna è curata da Valeria Merlini e Daniela Storti, due specialiste attualmente impegnate nel restauro dell’ Adorazione dei Pastori di Caravaggio che avviene a Montecitorio alla presenza del pubblico. «Per questo dipinto piuttosto piccolo e quasi monocromo - spiega Valeria Merlini - abbiamo voluto creare un’atmosfera concentrata e raccolta con particolari condizioni di luce. Alcuni video e pannelli esplicativi favoriscono la leggibilità dell’opera».
Il pubblico si avvicinerà al dipinto attraverso una sorta di «percorso iniziatico» realizzato con pannelli grigi, ideato dallo studio di architettura fiorentino Greci. «Un ambiente raccolto - sottolinea l’architetto Elisabetta Greci - che favorisce l’intimo colloquio del visitatore con un’opera così perturbante». Piccolo e piuttosto scuro, il dipinto presentava problemi di illuminazione, risolti dal light designer milanese Giuseppe Mestrangelo con riflettori praticamente invisibili che filtrano i raggi ultravioletti e infrarossi e creano uno speciale effetto come se l’opera affiorasse da un’insondabile profondità. Impossibile - in questa serie di eccellenze italiane che fanno ala al genio italiano di Leonardo - non citare il Laboratorio Museotecnico Goppion di Trezzano sul Naviglio che ha realizzato l’oggetto fondamentale per l’esposizione: la teca di cristallo che lo contiene, un metro e trenta per un metro e quaranta, un concentrato di ingegneria meccanica con meccanismo di apertura fatto di molle a gas.

La rassegna (catalogo Skira) resterà aperta fino al 27 dicembre, tutti i giorni dalle 11 alle 19,30 (info: 02 45076910). L’orario dalle 9 alle 11 è riservato ai bambini per i quali è a disposizione anche una riedizione di Topolino con fumetti leonardeschi.

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