Enrico Lagattolla
Restano in carcere, tutti. Il Tribunale del Riesame, ieri, ha dato parere sfavorevole alla richiesta di scarcerazione avanzata dai difensori dei venticinque autonomi arrestati a seguito degli scontri di corso Buenos Aires dell11 marzo. Le ordinanze firmate dai giudici Enrico Tranfa, Guido Piffer ed Emilio Epinendio, accolgono in pieno limpostazione della Procura, che a vario titolo aveva accusato gli indagati di concorso morale e materiale in devastazione, incendio e resistenza a pubblico ufficiale aggravata. Indagati che «palesano - scrivono i giudici - una non comune capacità di commettere reati contro lordine pubblico con uso di violenza».
E vengono ribadite sia la «premeditazione» dellevento, sia unorganizzazione che poco ha a che a fare con una manifestazione semplicemente sfuggita di mano. «I comportamenti, così come concretamente attuati - si legge nellordinanza -, risultano incompatibili con una estemporanea caduta nel delitto, né per la freddezza strategica con cui le condotte risultano organizzate possono ritenersi frutto di un momentaneo sbandamento rispetto a regolari condotte di vita». Inoltre, la «dimostrata capacità di reagire prontamente agli imprevisti, durante la complessa opera di devastazione e incendio, risulta acquisibile soltanto grazie ad inveterata esperienza e consuetudine alla realizzazione di condotte delittuose».
Di più, i giudici parlano di «lucida strategia di devastazione», di «violenze gratuite» che creano «una situazione di gravissimo allarme fra la popolazione civile», attraverso «limponente attrezzatura di offesa e difesa della quale era dotato il gruppo», in cui «ciascuno agisce per una finalità unitaria con la consapevolezza del ruolo svolto da altri e con la volontà di agire in comune». E sussiste «il pericolo di recidiva», perché il «particolare metodo di azione dimostra oggettivamente di voler realizzare i propri ideali anche con il ricorso a forme di violenza estrema». Cosa che «conferma il permanere della spinta a delinquere», e il rischio «di inquinamento probatorio».
A incastrare i venticinque autonomi, i filmati e le foto degli scontri visionati dai giudici del Riesame, che ritraggono i responsabili delle devastazioni con i volti coperti da caschi, sciarpe e maschere antigas, con spranghe e scudi, intenti a lanciare pietre e bombe carta, o con taniche di benzina nelle mani. Decine e decine di immagini.
Ma non solo. Pesa, infatti, anche latteggiamento tenuto dai giovani dei centri sociali nel corso degli interrogatori. Davanti al pubblico ministero Piero Basilone, che coordina linchiesta, hanno insistito in un comportamento «omertoso», con lo scopo di «coprire» possibili corresponsabili. Dei venticinque ancora detenuti (che per i reati contestati rischiano fino a un anno di carcere preventivo) solo una parte era «in prima linea» nei disordini di corso Buenos Aires.
«Lucida strategia di devastazione» I 25 autonomi restano in carcere
Il Tribunale del Riesame ha negato la libertà ai fermati per gli incidenti di corso Buenos Aires
Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.