Lui Paul Wolfowitz, lei Shaha Riza: lo scontro di civiltà diventa incontro

L’ex falco del Pentagono, ebreo, ora capo della Banca Mondiale, vive con una supermanager musulmana

Alberto Pasolini Zanelli

da Washington

Conflitto di Interesse o Scontro di Civiltà? Grande giro di denari, semplice storia d’amore oppure esempio di una storica riconciliazione? Quando è venuta fuori, la storia di Paul Wolfowitz e di Shaha Ali Riza è stata vista, esaminata sotto il microscopio e, da alcuni, denunciata e incasellata nella prima categoria. Era probabilmente inevitabile, dal momento che lei era fino a ieri una super manager della Banca mondiale per il Medio Oriente e lui della Banca mondiale è da un anno addirittura il presidente. Però non è la cosa che più ci interessa (dove il «ci» non si riferisce allo scrivente bensì, modestamente, al mondo intero), dato il momento in cui se ne parla, che è quello di una nuova escalation in una guerra senza confini fra l’Islam e l’Occidente. Shaha è musulmana, nata in Tunisia cresciuta addirittura nell’Arabia Saudita. E Paul è considerato colui che più di ogni altro ha contribuito a indurre il presidente Bush ad attaccare l’Irak, nell’ambito della sua ideologia di «neo conservatore» che propugna il rovesciamento delle dittature e l’installazione della democrazia con ogni mezzo, costi quello che costi, a cominciare dal Medio Oriente. Con l’aggiunta politicamente piccante che Wolfowitz è anche considerato particolarmente vicino a Israele. È vero che, dimessi i panni di numero due del Pentagono (e, dicevano, di «cervello» di Donald Rumsfeld) e assunti quelli curiali di banchiere numero uno del mondo, egli ha cambiato tono ed è apparso molto più «liberale» quando si tratta di soldi che quando si tratta di missili.
Deformazione o raddrizzamento professionale? Nel secondo caso sarebbe una virtù, ma in maligni lasciano cadere qua e là il sospetto che nella «conversione» c’entri anche Shaha. Le date corrispondono: lui lascia il Pentagono e arriva alla banca, lei lascia il suo ufficio della banca e diventa la ninfa Egeria del boss. Fate l’amore e non fate la guerra, si diceva in America quando la guerra era in Vietnam. La storia dimostra che le due attività possono benissimo convivere; forse anche nel cuore del «falco imperiale» numero uno della prima Amministrazione Bush, chiamato a pianificare la difesa, la riscossa e anche la vendetta della Superpotenza dopo il massacro delle Torri Gemelle. Sarebbe bello (e non sapremo mai, naturalmente se è vero) che Romeo e Giulietta dell’area più calda del globo concepiscano invece le cose sanamente come alternativa e avessero scelto la più stretta collaborazione, nei loro sentimenti e nella cura delle finanze planetarie. Gli ingredienti di una paginetta di storia ci sono comunque tutti e c’è da augurarsi che non vengano sviliti dalle indagini occhiute e puritane che di questi tempi accompagnano ovunque tutto quello che sa di banca. Lasciateci sognare, almeno per un altro po’. Americano e araba, ebreo e musulmana: invece dello scontro, un incontro di civiltà. Il contrario di una caricatura: «billets doux» del truce guerriero e della mancata jihadista. Oltretutto non è il primo caso.

Joscka Fischer, fino all’altro giorno ministro degli Esteri tedesco, ha abbandonato la politica e si è preso per moglie (la quinta) una stupenda iraniana. Più vicino a noi, la sposa musulmana di Marco Tronchetti Provera. Ma prima di tutti è arrivato Helmut Kohl: che ha allargato la famiglia con la moglie turca del figlio.

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