L'Ultimatum del Colle: "Misure improrogabili"

Ieri i colloqui col premier e Bersani. Poi il monito: "Servono scelte efficaci". Subito le misure, nonostante Tremonti. Minoranza divisa: dal fallito blitz di Bersani alle trame di Casini

L'Ultimatum del Colle: "Misure improrogabili"

Roma - Alle dieci del mattino telefona Bersani e lo trova «molto preoccupato per la crisi economica». Ma è quando chiama il Cavaliere, alle sette di sera, che Giorgio Napolitano rischia seriamente di perdere la sua calma britannica. La situazione precipita, lo spread italo-tedesco dei titoli di Stato vola alle stelle e Silvio Berlusconi, accorso a Roma con un giorno d’anticipo sul programma, alla cornetta cerca ancora di rassicurarlo: «Ho parlato con la Merkel, siamo d’accordo, approveremo subito le misure promesse». Ma subito per il capo dello Stato non è abbastanza presto. «Le rifome vanno fatte adesso». E se il Cav non ci riesce, ci proverà forse un governo di «larga condivisione». Napolitano «verificherà» se ci sono le condizioni.

Game over. Il tempo è scaduto, l’Italia è sul precipizio finanziario. Certo, la crisi è globale, il referendum in Grecia ha complicato le cose e il Paese è strutturalmente sano. Però, secondo il Colle, non si può più stare fermi, è giunto il momento di stringere. Nessun ribaltone, Berlusconi è il premier legittimo e finchè ha la fiducia deve restare al suo posto, ma deve anche governare, deve tenere a bada la sua maggioranza, deve insomma riuscire a varare i provvedimenti necessari per salvare l’Italia, attesi dall’Europa e dai mercati. Napolitano glielo dice direttamente. Poi, per essere più chiaro, appena chiude l’apparecchio mette tutto agli atti in una nota ufficiale in cui, per la prima volta, non esclude l’ipotesi di un esecutivo di emergenza.

Dunque, è un momentaccio. Il presidente della Repubblica, «dinanzi all’ulteriore aggravarsi della posizione italiana nei mercati finanziari» e alla luce «dei molteplici contatti stabiliti nel corso della giornata», considera «ormai improrogabile l’assunzione di misure efficaci». Quali? Quelle «contenute nell’ambito delle lettera d’impegni indirizzata dal governo alle autorità europee». Provvedimenti che erano stati concordati all’interno della maggioranza e che quindi ora Palazzo Chigi, in teoria, non dovrebbe avere difficoltà a varare. È cambiata solo l’urgenza, visti i tracolli in Borsa, e del resto, si legge «il presidente del Consiglio ha confermato il proprio intendimento a procedere in tal senso».

Ma il capo dello Stato, a questo punto, vorrebbe di più, vorrebbe un sostegno bipartisan alle riforme. Un po’ perché non è per niente certo che il Cav riuscirà a domare tutti i suoi alleati. Un po’ perché, in questa fase di tempesta, è meglio aprire un ombrello il più grande possibile. Un po’ perché il Quirinale vuole mettersi al sicuro in caso di caduta di Berlusconi. Un po’ per tutte queste ragioni, Napolitano cerca una sponda nel centrosinistra e la trova solo a metà. A Pier Luigi Bersani chiede «per senso di responsabilità» di votare a scatola chiusa le misure del governo, ma il segretario del Pd «non si vuole accodare» e, finché c’è il Cavaliere, promette solo toni bassi e niente ostruzionismo.

Il capo dello Stato, contrariato da questa chiusura, prepara comunque il terreno per ipotetiche intese. «Diversi rappresentanti di gruppi dell’opposizione - prosegue il comunicato - hanno manifestato la disponibilità a prendersi le responsabilità necessarie in rapporto all’aggravarsi della crisi». E c’è di più: «Nell’attuale così critico momento, il Paese può contare su un ampio arco di forse sociali e politiche consapevoli della necessità di una prospettiva di larga condivisione delle scelte che l’Europa, l’opinione internazionale e gli operatori economici e finanziari si attendono con urgenza dall’Italia».

In questo quadro, «il capo dello Stato ritiene suo dovere verificare le condizioni per il concretizzarsi di tale

prospettive». Il che, in soldoni, significa due cose: la prospettiva di un accordo per un sostegno largo ai provvedimenti salva-Italia e la prospettiva, difficile, di un governo di emergenza, se mai il Cav dovesse scivolare.

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