da Perugia
«Non perdonerò mai Amanda». Patrick Lumumba è lapidario. Non cè spazio per lindulgenza. A distanza di ventisei giorni dalla morte di Meredith Kercher, la sua rabbia è una delle poche certezze.
Da quando è uscito dal carcere, Lumumba non ha quasi mai messo fuori il naso di casa. Eppure è riuscito a mescolare ancora un po le carte, restando seduto in salotto e raccontando, per esempio, che laccusa di Amanda è stata una vendetta perché voleva licenziarla dal Le Chic, il suo locale ancora con i sigilli della polizia. «Lavorava poco e come mi guardavo intorno la vedevo flirtare con un ragazzo diverso», dice Patrick ai giornali inglesi Mail on Sunday e Sunday Mirror. «Era arrabbiata. Alla fine mi ha odiato. Ma non credo sia un diavolo. Per essere un diavolo bisogna avere unanima. Amanda non ce lha. È vuota, morta dentro». Poi aggiunge: «Tutto ciò che viene fuori dalla sua bocca è una bugia. Ma queste bugie mi hanno macchiato la vita per sempre». Con accanto la moglie Aleksandra e il figlioletto di quasi due anni, affonda ancora di più: «Ero il capro espiatorio perfetto perché sono nero. Ha tentato di puntare il dito contro di me per sviare le attenzioni da lei». Una ragazza «abituata a strusciarsi addosso a chi capitava nel locale». Tanto «da mettere così vicina la sua bocca agli uomini da far sembrare che si baciassero». Una seduzione forzata, quella di Amanda. Naturale invece quella di Meredith. Questo sarebbe il nodo cruciale: «Meredith era una ragazza bella che riceveva attenzioni senza fare nessuna fatica. Amanda si sforzava di più ed era meno amata. Ho avuto limpressione che Amanda fosse gelosa di lei». Uninvidia latente e forse insopportabile per chi vuole «essere lape regina».
«Quando le dissi che avrei chiesto a Meredith di lavorare al Le Chic, il suo sguardo si perse e pronunciò solo una parola: Bene». Da quel momento qualcosa è cambiato. Patrick ricorda come ha saputo della morte della ragazza inglese che gli era rimasta impressa «perché la sua pelle era olivastra per le origini indiane e perché sapeva preparare un mojito speciale». «Un gruppo di ragazzi venne nel mio locale e mi disse che lamica di Amanda era morta. Il mio cuore si fermò».
Il resto è una storia più o meno conosciuta: laccusa di Amanda e larresto il 6 novembre. «Mi hanno colpito sulla testa urlandomi sporco negro - racconta Lumumba, che ha già annunciato una denuncia -. Mi hanno interrogato per cinque ore. Tutto quello che mi dicevano era: Lhai fatto, lhai fatto. Ma io non sapevo cosa avevo fatto».
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