Luna di miele con delitto. Duplice: uccide moglie e suocera, poi fugge.
Dicono che amore e odio, come tutti gli estremi, si tocchino, che la linea di demarcazione possa essere talvolta sottile.
Giovanni Valentino, 32 anni, commerciante d’olive, novello sposo dai muscoli possenti e i fragili nervi, quella linea ieri l’ha oltrepassata in una manciata di istanti zeppi di follia. Rabbia, rancori, forse gelosie. Un groviglio di sentimenti capace di esplodere in violenza ferina.
Non è chiaro se le abbia massacrate usando solo quelle sue mani da ex pugile dilettante, o se si sia aiutato con una martello, o qualche altro oggetto contundente, il primo che ti capita tra le mani quando la mente non riesce più a guardare. Avevano entrambe la testa fracassata le due donne, Lucia Di Muro, giovane e attraente maestra trentunenne e sua mamma Maria Grazia Priscindaro, casalinga di 60 anni.
«Una scena raccapricciante», dicono i carabinieri entrati per primi nell’appartamento.
Succede a Canosa di Puglia (Bari), in un’elegante palazzina di periferia, in via Sardegna. Epilogo di un matrimonio forse finito ancor prima di cominciare. Erano convolati due mesi fa Giovanni e Lucia, quattro giorni fa avevano fatto ritorno dal viaggio di nozze. Con il sorriso stampato in volto, una felicità più ostentata che vera. In quel loro rapporto, dopo un lungo fidanzamento, gia da tempo qualcosa non funzionava più. Si stringe il volto tra le mani e singhiozza un parente dell’assassino: «Glielo ripetevo, “se non vai d’accordo con la tua fidanzata non ti sposare”».
Due bravi ragazzi - il coro del paese -. Ma con caratteri troppo diversi. Incomprensioni, discussioni erano quasi all’ordine del giorno. Anche, e soprattutto, con la famiglia di lei.
Nessuno avrebbe però mai potuto immaginare un simile finale.
Valentino, arrestato dai carabinieri mentre vagava in trance vicino alla casa del padre, si è chiuso nel mutismo. Nessuna spiegazione, non una parola sul perché. Ammesso che una simile tragedia possa trovare spiegazione accettabile.
«Non siamo riusciti nemmeno a capire se abbia utilizzato un’arma - racconta il pm Mirella Conticelli -, anche perchè in due ore di interrogatorio non ha detto una parola, è sotto choc».
Prologo della tragedia, secondo la prima ricostruzione degli investigatori, un acceso diverbio nato la sera prima. Per questo lei se n’era «scappata» di casa, decidendo di tornare a casa dei genitori. Almeno per la notte. Ieri, intorno all’ora di pranzo, Lucia Di Muro si è ripresentata nell’abitazione accompagnata dalla mamma. Il padre, Domenico, aveva deciso di aspettare per strada.
Non è chiaro se la giovane moglie fosse tornata solo per fare le valigie o magari per tentare una riconciliazione. Fatto sta che di lì a poco nella palazzina sono riecheggiate ancora le urla. «Abbiamo sentito che litigavano, le grida si sentivano anche dalla strada». Poi uno strano, lugubre silenzio.
Domenico Di Muro, visto che le sue donne non tornavano, ha deciso di salire in casa, al quinto piano: si è trovato di fronte a un lago di sangue. In mezzo, stese in soggiorno, sua moglie e sua figlia.
Il «bravo ragazzo» assassino, nel frattempo, era fuggito. Senza scampo. Voleva chiedere aiuto ai genitori. Come un ragazzino impaurito e disperato. Troppo tardi.
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