La lunga ossessione del killer «Curreri mi ha rubato la vita»

La lunga ossessione del killer «Curreri mi ha rubato la vita»

Rovinato, completamente rovinato da quell’uomo che avrebbe invece dovuto era la svolta della sua vita. Mauro Curreri aveva usato il suo libro, i suoi rapporti con l’Esercito e persino i suoi soldi, 30mila euro, per girare un film mai approdato sugli schermi. Mauro Pasterello per cinque anni ha covato un rancore sordo fino a quando l’altro giorno ha fatto giustizia, come ha poi detto tra le lacrime al pm che lo ha interrogato.
Tragica fine di un rapporto iniziato a metà anni Duemila quando Curreri, produttore e regista torinese di 39 anni, decide di girare «Gli eroi di Podrute», cioé i cinque militari morto nell’elicottero abbattuto in Croazia durante una missione di pace. Conosce così il padovano Pastorello, 53 anni, messo in riserva dall’Esercito oltre vent’anni fa con il grado di capitano, e nel frattempo promosso maggiore, autore di un libro sulla vicenda. Appassionato di fotografia, vive ancora con il mito della divisa, è presidente provinciale dell’Associazione di Cavalleria, anche per rimediare una vita priva di altre soddisfazioni. Il suo lavorato di promotore finanziario non andava bene, di sicuro c’era solo solo lo stipendio della moglie, dietista in ospedale. Più volte deve chiedere alla padrona di casa di pazientare per l’affitto. Insomma Curreri, per altro assai noto per non pagare i suoi debiti, sembra la salvezza, invece è la rovina.
Pastorello si butta nell’impresa, scomoda tutti i vecchi amici in divisa, scrive la sceneggiatura, partecipata al film con attore. Ma soprattutto anticipa dei soldi, sembra 30mila euro. Ma il film, terminato nel 2006, non uscirà mai. Per cinque anni cerca modi di recuperare i quattrini poi venerdì decide di chiudere i conti a suo modo. Sa che Curreri, si incontrerà con la troupe che deve girare il suo nuovo film, sulla vita di Francesco Baracca, e decide di farla finita. Indossa la divisa con i gradi da maggiore, infila in tasca una vecchia pistola, esce alle 7, prende il treno per Milano e mezzogiorno si presenta anche lui all’appuntamento. Poche parole poi spara tre colpi, uno a vuoto due a bersaglio, Curreri muore sul colpo.
Poi chiama in carabinieri chiedendo un ufficiale superiore a cui arrendersi. Arrivano due pattuglie guidate da un sottufficiali che deve immobilizzarlo con la forza. Nella colluttazione Pastorello si rompe il naso. Per calmarlo deve intervenire un suo «superiore», il colonnello Lorenzo Falferi, comandante del reparto operativo. Lo accompagna personalmente nella caserma di via Moscova, lui appena entrato si irrigidisce nel saluto militare alla bandiera.
Poi le solite formalità, come scoprire la provenienza dell’arma.

Sembra detenuta regolarmente dal «maggiore», anche se in tali condizioni da non permettere la lettura di marca e numero di matricola. Poi l’interrogatorio con il magistrato e il crollo. «Curreri mi ha rovinato» continuava a ripetere tra le lacrime.

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