La lunga rincorsa dell’Uruguay al «quinto» Mondiale

Diego no se va, Diego no se va. Il popolo di Buenos Aires canta e balla, sembra che l’Argentina abbia vinto il mondiale. È stata presa a wurstel in faccia dai tedeschi. E allora? È rientrata a casa, l’albiceleste, tra cori e fiesta grande. Si può perdere ma Diego Armando Maradona è Dio in terra, chi lo attacca è un bestemmiatore, è severamente vietato criticarlo, giù le mani dalla mano de Dios. Storie di un Sudamerica diverso. In Brasile Dunga è già disoccupato, Felipe Melo rintanato, Kakà stanato, la seleçao spernacchiata. A Baires, come a Napoli, continuano a pregare dinanzi all’immagine votiva sperando che il miracolo si ripeta, San Gennaro non tradisce, san Diego non risponde, il rosario è stato battuto da Benedetto XVI e la sua squadra di alemanos. A Rio de Janeiro la vergogna non può essere tollerata, Dunga non ha nulla del futbol bailado, del samba e del pan de azucar, il suo calcio è roba da vecchio continente, muscoli e difesa e così è stata sbattuto fuori dal mondo e dal mondiale. Due sudameriche diverse e uguali, si odiano e si inseguono, divise nella filosofia, nella lingua, nella cultura, unite dal calcio che le ha rese celebri in ogni dove, con le icone di Pelè e di Maradona.
Gli occhi di Diego Armando, ieri, sul pulmann che trasportava la squadra dall’aereo allo scalo della capitale, erano quelli stupiti da tanta festa attorno alla sua nazionale sconfitta, il popolo perdona il proprio idolo, lo ama, lo venera, lo accoglie, dimentica gli errori, di una vita aspra, di un fuoriclasse che ha bruciato per fragilità una fetta della sua immensa carriera. Maradona cammina come un tacchino all’ingrasso, i capelli sono più tinti che mai, stringe al petto le figlie, la butta sull’anema e core, è Diego Armando sempre e comunque, finalmente spogliato da quell’orrendo abito nuziale del valore di euro settecento. Buenos Aires trentadue anni fa cantava, ubriaca, dopo la finale con l’Olanda. «Holanda, la copa se mira y no se toca». Stavolta l’Olanda cerca di toccare la coppa e gli argentini sono costretti soltanto ad ammirarla.

Maradona non ha mani per il colpo de Dios, non ha piedi per i miracoli divini, è un uomo solo e solitario che con gli occhi sbarrati dice «il mio ciclo è finito, ho dato tutto quello che avevo, adesso voglio stare con la mia famiglia». Ma la Federazione non ne vuole sapere di fare scelte («è una decisione che dipende solo da Diego») e l’Argentina continua a sognare, con lui, per lui.

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