Il giorno dopo, lamarezza non è andata via. E prima di lanciarsi nello sfogo fuori onda, Maurizio Lupi chiede scusa ai telespettatori del Pdl che fossero malauguratamente sintonizzati al momento del match. «Abbiamo dato un pessimo spettacolo della politica e se un elettore del Pdl ci ha visto discutere avrebbe tutte le ragioni per non votarci più» dice il vice presidente della Camera. «Sono preoccupato, una decisione più rapida possibile è inevitabile, così diamo lidea di una politica vecchia e rissosa. Dobbiamo evitare questi stillicidi dettati da motivi personalistici». Il passaggio successivo è una richiesta formale a Italo Bocchino, colpevole di avere attaccato lui, la sua storia in Comunione e liberazione, i rapporti con Silvio Berlusconi: «Mi auguro e mi aspetto profonde scuse o non posso più considerarlo il mio capogruppo vicario».
Scene da un matrimonio alle soglie di una rottura inevitabile. Volano stracci, piatti e largenteria di famiglia. Non è facile convivere con chi ti considera una specie di giullare di corte, si lamenta Lupi: «È incredibile il modo in cui si guarda alla leadership di Silvio Berlusconi, come se noi fossimo a disposizione e al servizio del principe Berlusconi e del monarca assoluto. A tutti quelli che ho incontrato nel Pdl, sia che provenissero da An che da Fi, non ho mai visto fare politica come servi del proprio monarca ma come persone impegnate, desiderose di cambiare il Paese e orgogliose di avere un leader carismatico come Berlusconi che ci aiuta a realizzare i nostri obiettivi».
Lupi teme che dietro tutto ciò si nascondano «livore personale» e «problemi di leadership» non accettata: «Non mi scandalizzo, ho partecipato a trasmissioni con Travaglio e Di Pietro, con persone che la pensano in modo totalmente diverso, comprendo la passione nellesprimersi, ma non mi aspettavo tanta acrimonia da Bocchino, non ho mai descritto laltro come il male assoluto o il nemico da abbattere. Purtroppo sono sempre più convinto che non sia un problema politico ma personale».
Se fosse un problema politico, non si capisce perché gli uomini in uscita dal Pdl non abbiano apprezzato la manifestazione di Roma, il modo in cui Berlusconi è andato in soccorso di Renata Polverini, la candidata voluta da Gianfranco Fini: «È sceso in campo, lha presa sotto braccio, ha sentito come sua la sfida del Lazio. Dovremmo essere orgogliosi, non credo si possa dire che i militanti e i consiglieri in piazza lavorassero per il despota Berlusconi, ma al contrario che da lui siamo stati condotti con passione».
Liquida i toni della trasmissione come il rigurgito di una minoranza insoddisfatta. E non dei contenuti: «Guardo agli amici della destra venuti con noi. Il fatto che con Ignazio La Russa, Altero Matteoli, Gianni Alemanno, si stia facendo un percorso comune e nessuno di loro durante lufficio di presidenza ha detto che stiamo tradendo la storia di An, mi rende ancora più incomprensibile quel che è successo».
Una ferita inattesa è arrivata quando Bocchino ha parlato di Lupi e degli uomini di Comunione e liberazione come «maestri nella divisione dei posti», in una parola lottizzatori. Da venerdì notte e per tutta la giornata di ieri, racconta Lupi, il suo telefono è stato subissato di messaggi e telefonate di solidarietà, anche da parte di esponenti di An: «È stata una battuta vergognosa verso di me e la storia da cui provengo. Comunicazione e liberazione è un movimento ecclesiale e non politico, di educazione alla fede. È una battuta che sentivo fare negli anni Settanta e Ottanta in università, dalla sinistra extraparlamentare che ci voleva cacciare persino dalle aule». A dir la verità qualche assalto arriva anche adesso, «ma solo dai travaglio che non accettano lidea che ci possano essere cristiani desiderosi di costruire la propria vita e la società in cui credono. Discutiamo di accoglienza agli extracomunitari e poi usiamo questi toni tra noi».
A un certo punto sono scoccati epiteti come «fascista e squadrista», ma in una specie di ribaltamento dei ruoli erano diventati insulti in bocca agli uomini di Fini. Uno straniamento da teatro dellassurdo. «Mi è venuto da sorridere - confessa Lupi - e posso comprenderlo solo perché è stato causato dal nervosismo, da una perdita lucidità o forse da un complesso di Edipo riguardo alla propria storia. Se la si mette su questo piano non si fa un servizio nemmeno al presidente Fini...». Il ragionamento speculare, se Lupi è un vassallo di Berlusconi, è che anche Bocchino lo è di Fini e il vice presidente della Camera è convinto che siano false luna e laltra cosa: «Non siamo in una caserma, io non mi sono mai sentito in una caserma né a fianco di un dittatore altrimenti non ci sarei stato. Ho sempre lavorato per un partito che garantisce la massima libertà e che ha profondo rispetto per la storia di ognuno».
Limpressione finale è la stessa dellinizio, che sia una storia di rancori e invidie: «Anche con Daniela Santanchè hanno dimostrato un grande pregiudizio, ricorrendo agli attacchi personali, e non si può fare politica in questo modo. Ecco, mi auguro che alla base del progetto di un gruppo autonomo non ci siano problemi personali irrisolti che non capisco...».
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