Müller: a Roma gli scarti di Venezia e Cannes

La Festa è utile: ci ha evitato l’acrimonia di tanti cineasti che abbiamo respinto

Michele Anselmi

da Roma

All'anima del fair-play. Non era scoppiata la pace tra la Lupa e il Leone, tra la Festa di Roma e la Mostra di Venezia? Per la serie: la concorrenza fa bene, faremo sistema, due è meglio di uno, eccetera. Contrordine compagni. Alla vigilia della 63ª edizione della Mostra, il direttore Marco Müller, finora piuttosto felpato sull'argomento, spara a palle incatenate. Intervistato ieri da Teresa Marchesi del Tg3, sostiene che il festival capitolino è fatto, in buona misura, con gli scarti veneziani. Le parole testuali: «La nascita della Festa è molto servita, perché così non abbiamo litigato con tanti amici. Film che né noi né Cannes avevamo voluto hanno finalmente trovato una destinazione italiana. Così abbiamo evitato l'acrimonia dei rifiutati». Un sarcastico «tiè».
A tamburo battente, neanche un quarto d'ora dopo, la replica della Festa, per bocca dei direttori Giorgio Gosetti e Mario Sesti. «Nel corso dei mesi passati abbiamo avuto sempre parole di riguardo e di rispetto verso la Mostra di Venezia. Così continueremo a fare. Le ultime esternazioni di Müller, che definisce scarti di Venezia e di Cannes i film presenti a Roma, sono un'incredibile offesa al cinema e agli straordinari autori che hanno deciso di essere alla Festa con le loro opere». Infine: «Venezia, lo ripetiamo, non deve temere Roma, ma solo gli errori che essa stessa può compiere per alterigia e volontà di isolamento». Controreplica serale veneziana: «Mai usata la parola “scarti”, che suona dispregiativa».
Dunque, la guerra dei festival non è più «fredda». Anzi s'è scaldata assai. Tanto da far sembrare un po' patetiche le parole dette a Cortina da Veltroni. Secondo il sindaco, «tra Venezia e Roma non c'è alcuna concorrenza». Poiché l'una è una festa, l'altra una grande mostra del cinema, «bisogna aver fiducia nel futuro e viverle entrambe con atteggiamento positivo: saranno due belle manifestazioni». Vabbè.
Com'era facile attendersi, l'inatteso annuncio via Ansa con il quale venerdì scorso la Festa romana aveva anticipato alcuni dei suoi titoli più succosi, a partire da quel Fur con Nicole Kidman che apre la kermesse il 13 ottobre, ha finito col surriscaldare gli animi. D'accordo, il ministro Rutelli insiste: «La Mostra è un pilastro della cultura nazionale», sicché «sarò lì a garantire perché non si senta minimamente minacciata da altri eventi, nazionali o internazionali». Tuttavia la piega presa ieri dagli eventi promette, a questo punto, fuochi d'artificio.
E pensare che, sempre ieri mattina, durante una puntata di Viva voce, su Radio 24, dedicata alla Mostra, Müller s'era mostrato più conciliante, spiegando che «l'unica perplessità, per ragioni di opportunità, è sulle date». Troppo ravvicinate. E però, dopo aver ricordato di essersi formato sulle «epiche» maratone di Massenzio degli anni Ottanta (per lui la Festa dovrebbe riprendere quella formula estiva), si chiedeva: «Abbiamo letto di tutto e di più dei film, ma non possiamo ancora capire se sarà un festival in rotta di collisione. Certo, se viene fuori che vanno ad insistere su territori tipici della Mostra, sarebbe perdente. Fino ad ora nessun produttore o distributore ci ha detto a proposito di un film: “Sapete, c'è un altro festival che l'ha prenotato”».
Chissà che cos'è cambiato nel giro di poche ore. Di sicuro la faccenda continua a tenere banco, specialmente sui giornali di sinistra. Domenica Liberazione, nello schierarsi con la Mostra «sotto mira», ha scritto: «Roma fa finta di fare una festa, ma in realtà tenta di recuperare il terreno perduto e di tornare ad essere la capitale der cinema». E ieri l'Unità, annotando «un fair play allagato di imbarazzo e belle parole», titolava: «Temete Roma? Lasciate il Lido». In sostanza, la Mostra dovrebbe abbandonare «l'astrazione del Lido» e trasferirsi «dentro gli spazi dell'Arsenale», per allestirvi «una cittadella tuttavia aperta ai campi e a piazza San Marco».
Ipotesi difficilmente praticabile, non fosse altro perché il sindaco Cacciari l'ha subito bocciata come irrealistica. E comunque, sempre parlando a Radio 24, Müller riconosce la difficoltà, anzi «l'impossibilità» di trasformare nel breve periodo la Mostra «sul piano delle strutture» (ovvero del nuovo Palazzo del cinema).

«A volte - aggiungeva - diamo l'impressione di essere troppo decentrati, eccentrici, rispetto al dibattito sul cinema italiano. Sembra che parliamo da soli. Mentre chi sta a Roma ha un rapporto costante con produttori, distributori, venditori». Appunto.

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