Maazel Sul podio per dirigere «Romeo e Giulietta»

La ripresa della stagione sinfonica dell’Accademia di Santa Cecilia è segnata dal ritorno di due noti direttori che, negli ultimi tempi, sembravano voler diradare le loro presenze romane. Comincia, questa settimana, Lorin Maazel che pur presente a Roma nelle ultime stagioni, ha girato alla larga dall’Accademia; seguirà, nelle prossime settimane, Myung-Whun Chung, che da quando lasciò l’incarico stabile a Santa Cecilia, e cioè dal 2003, non è più tornato a dirigere nella capitale.
E, coincidenza ancor più curiosa, il ritorno di Maazel avviene con la stessa opera con la quale Chung si congedò dal pubblico romano, alla fine della stagione 2003, e cioè con la «sinfonia drammatica» Romeo e Giulietta di Hector Berlioz, (e Berlioz c’è anche nei destini di Pappano, successore di Chung a Roma, che, nel 2012, debutterà come direttore d’opera alla Scala, con Les Troyens di Berlioz).
Maazel ha un forte, antico legame con l’opera di Berlioz: «È la prima opera che ho inciso e sulla quale sono spesso tornato. Perché è l’opera più geniale di Berlioz. Lo sapeva bene anche Wagner. Pensate, un musicista che racconta la storia di Romeo e Giulietta, senza Romeo e senza Giulietta. Da qui la difficoltà esecutiva.
Occorrono solisti di canto davvero ottimi (a Roma cantano Sara Mingardo, Philippe Castagner e Josè van Dam, nella partte di Padre Lorenzo), un coro di prim’ordine (quello ceciliano è addestrato da Norbert Balatsch) ed una orchestra coi fiocchi. Perché è proprio all’orchestra che il compositore riserva grandi cure, invenzioni strumentali incredibili e le maggiori novità».
Di Romeo e Giulietta l’autore medesimo racconta nelle sue Memorie: «dopo una lunghissima indecisione, mi fermai sull’idea di una sinfonia con cori, assoli di canto e recitativo corale, della quale sarebbe stato soggetto sublime e sempre originale il dramma di Shakespeare, Romeo e Giulietta».
A buttarsi anima e corpo nell’impresa, l’aveva quasi costretto la munifica amicizia di Niccolò Paganini cui la sinfonia è dedicata, il quale, per toglierlo dai guai economici in cui s’era cacciato, gli aveva regalato 20.000 franchi, una bella somma per il 1838. Berlioz vi lavorò alacremente: «lavorai- annotò Berlioz - per sette mesi alla mia sinfonia, senza interrompermi mai più di tre o quattro giorni su trenta, qualunque cosa accadesse».


E che di sinfonia si tratti lo sottolinea lo stesso Berlioz quando, relativamente alla parte centrale dell’opera, abbandona la parola cantata, per rivolgersi al linguaggio strumentale perché lo ritiene «una lingua infinitamente più ricca, più variata, meno determinata, e per la sua stessa vaghezza, incomparabilmente più potente», riservandoci due capolavori assoluti, come la Scena d’amore e lo La regina Mab («Scherzo»).
Auditorium. Sala Santa Cecilia. Domani (ore 18), lunedì 20 (ore 21), martedì 21(ore 19.30). Info: 06.8082058.

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