MacCain già escluso dall’eredità Bush

Nomination 2008: il favorito bocciato I repubblicani ora preferiscono Frisk

Alberto Pasolini Zanelli

da Washington

Conto alla rovescia elettorale anche in America: meno venti. Ma non giorni, mesi. Con tanto anticipo sull’appuntamento alle urne per la scelta del nuovo presidente i repubblicani, che nel 2008 saranno orfani di George Bush, hanno cominciato a contarsi. E il risultato è stato un intreccio di sorprese e di paradossi. Tutti gli esperti sanno, o credono di sapere, che i due contendenti più quotati di questa parte politica per la Casa Bianca sono John MacCain e Rudolph Giuliani. Tutti ricordano anche che MacCain è stato un pericoloso rivale di Bush nelle Primarie del 2000 e da allora un suo critico pungente anche se intermittente; al punto da ricevere nel 2004 l’offerta di John Kerry del posto di numero due nella lista democratica. Ci si aspettava dunque che MacCain cogliesse l’occasione della prima assemblea pre-preelettorale per illustrare il proprio programma e, per cominciare, mettere insieme i pezzetti dell’identikit di un repubblicano diverso dal presidente attuale.
La riunione si è svolta a Memphis, nel Tennessee, e tecnicamente si chiamava «straw poll», qualcosa di simile al nostro «tirare la paglia» per vedere qual è più lunga. I candidati, o meglio in questa fase di aspiranti alla candidatura, si presentano, fanno il loro discorsetto e poi si vota. Non ci sono delegati da eleggere, si tratta solo di constatare da che parte tira, appunto, il vento. Si sono presentati in otto. Assente di riguardo e prima sorpresa, Rudolph Giuliani, che ha scoperto di avere da fare altrove. Il padrone di casa era il capo della maggioranza repubblicana in Senato Bill Frist, che è del Tennessee, ma l’ospite d’onore, il più atteso, era naturalmente MacCain. Che ha spiazzato tutti, compreso forse se stesso: l’«anti Bush» repubblicano ha invitato i propri simpatizzanti a votare non per lui ma per George Bush. Per rendergli omaggio, ha spiegato più o meno, per dimostrare la solidarietà con il presidente. Risultato: hanno seguito il suo consiglio in uno su dieci, che non è proprio un risonante voto di fiducia. Un altro 5 per cento scarso non lo ha ascoltato e ha votato per lui, MacCain. Ma anche a prendere per buona una somma improbabile, i conti non tornano. Passi che abbia vinto il padrone di casa (37 per cento a Frist); ma al secondo e al terzo posto, battendo Bush e MacCain, sono arrivati due semisconosciuti, mentre un altro personaggio atteso, Condoleezza Rice, si è fermata addirittura a un umiliante 2,2 per cento.
Che succede nel Partito repubblicano? I dati del meeting di Memphis non vanno presi, ripeto, troppo alla lettera. I partecipanti erano quasi tutti del Sud e hanno votato per il «ragazzo locale», anche se la carriera di Frist appare in declino: in un paio di occasioni si è ribellato a Bush ed è finito sotto inchiesta con accuse di corruzione.

Vittima di una specie di influenza aviaria che colpisce i repubblicani di questi giorni: se ne sono dovuti andare, tre giorni fa, un ministro per discusse transazioni finanziarie ed è stato arrestato uno dei consiglieri della campagna elettorale di Bush, colto a rubare in un supermercato.

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