Politica

«Macché questione morale, è una resa dei conti»

Il vicepresidente del Senato: «C’è una voluttà di scontro nella coalizione»

Laura Cesaretti

da Roma

Il partito della Quercia sta subendo «un attacco concentrico da parte di alcuni alleati e dei poteri forti, quelli del cosiddetto “salotto buono”». Ne è convinto il vice presidente del Senato Cesare Salvi, battagliero esponente della sinistra diessina.
Non le piace il salotto buono, senatore Salvi?
«Ma andiamo... Sono tutti indebitati fino al collo, dalla Fiat di Montezemolo a Tronchetti Provera, e pretendono pure di dare le pagelle ai partiti! Sarebbe meglio che ognuno guardasse le proprie, di pagelle».
Lei non vuol darle, agli imprenditori e ai poteri forti?
«Io credo che comunque la politica, per poter rivendicare la propria autonomia e indirizzare gli altri poteri, deve fare ordine al proprio interno. Tutto il sistema politico-istituzionale è in crisi, arranca, non funziona. Il maggioritario all’italiana fa acqua da tutte le parti, basta vedere che abbiamo una quarantina di partiti. E c’è un clima di continuo scontro, tanto più voluttuoso quanto più è tra partiti alleati, dentro le stesse coalizioni, a destra come a sinistra...».
Già, anche nell’Unione si è litigato mica male ultimamente, tra scalate e questioni morali. E oggi un editoriale di «Europa», il quotidiano della Margherita, dice che il centrosinistra ha un «confronto da governare» sulle «quote di potere».
«Strana notazione... anche perché le quote vengono normalmente dal consenso che gli elettori esprimono verso l’uno o l’altro partito. Invece in questo sistema politico-elettorale si creano tensioni fortissime per regolare i conti prima delle elezioni».
Sta dicendo che è in corso un regolamento di conti nel centrosinistra?
«Be’, molte cose di queste settimane non si spiegano altrimenti. Noi Ds siamo il maggior partito della coalizione, sperando che sia vero perché per scaramanzia sarebbe meglio non dirlo mai prima del voto. Ma certo si dà ormai abbastanza per scontato che l’Unione vincerà le elezioni e che la Quercia sarà il primo partito. E c’è un’offensiva contro di noi dall’interno del centrosinistra e da fuori, con argomenti per lo più pretestuosi».
Parla del caso «questione morale»?
«Che Clemente Mastella si metta a dare a noi lezioni in materia è il caso più bizzarro di questa surreale estate. Ma non è il solo: evidentemente si ha paura che la Quercia si affermi e prenda la guida di una politica forte, che faccia da spina dorsale al futuro governo del Paese. Per questo si è scatenato un attacco concentrico da parte di alleati e di poteri forti».
E Prodi partecipa all’attacco?
«Non tiro in ballo Prodi, anche se c’è il problema irrisolto di un’alleanza che non si sta strutturando in modo adeguato alle sfide che ci aspettano. Ma l’affondo clamoroso di Arturo Parisi ha colpito assai, ed è stato quello a dare la stura alle polemiche. Ma come si fa a mettere in relazione una persona come Claudio Petruccioli con la questione morale? Conosco Petruccioli da sempre, sono spesso su posizioni politiche lontanissime dalle sue ma è veramente insostenibile un attacco di quel genere nei suoi confronti. Oltretutto, la nuova legge impone l’intesa tra i poli per i vertici Rai. E poi ricorderei a Parisi che poco prima, a proposito di lottizzazione, ci si erano divise le presidenze delle Authority: due a Berlusconi e una a Prodi, col professor Pizzetti alla Privacy. Lo sanno tutti, e non c’è niente di male se avviene alla luce del sole. Ma non si può sostenere che se nominano tuo cugino non è lottizzazione, e se il cugino è mio allora lo è».
Lei è stato il primo a sinistra a porre una questione «morale», quella delle spese pazze delle Regioni da voi governate. Perché lo ha fatto?
«Perché ora che guidiamo la maggior parte delle Regioni dobbiamo dimostrare di avere credibilità di governo, nei comportamenti e nei conti pubblici. Non possiamo annunciare che risaneremo il Paese se non riusciamo a bloccare le spese pazze a casa nostra. E su questo ho fatto il grillo parlante, ma il mio invito è stato subito raccolto da tutto il partito».
Però poi i Ds sono finiti sotto accusa per l’appoggio dato alle operazioni dell’Unipol.
«Bisogna distinguere tra le operazioni in corso. Trovo incomprensibile che si attacchino le coop perché fanno impresa, e non mi risulta che ci sia alcuna iniziativa della magistratura su questo: è stata colta l’occasione per un attacco pretestuoso ai Ds. Non capisco dove sia il problema: se gli spagnoli offrono una lira in più, Bnl è loro. E Unipol è una società per azioni, perché non dovrebbe fare un’offerta? Altra storia è quella di Fiorani, dove c’è un sospetto di collusione tra scalatori e anche l’impressione di un appoggio particolare da Bankitalia. Quanto a Rcs, fa parte dell’anomalia italiana che ci sia una commistione tra impresa e giornali. Tutti i grandi quotidiani, anche il suo, fanno riferimento diretto o indiretto a grandi imprese, e questo crea un conflitto di interessi latente».
A proposito di grandi giornali e grandi imprenditori, che impressione le ha fatto la lettera d’addio di De Benedetti a Berlusconi?
«Ah... mi ero quasi commosso, leggendola.

Poi però ho appreso che l’Ingegnere aveva comunque portato a casa un lauto guadagno, e la commozione mi è passata del tutto».

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