Politica

«Macché rivoluzione A Prodi è riuscita solo una caricatura»

L’ex ministro: «Il vero obiettivo di questa manovra è far fuori tanti piccoli operatori e sostituirli con grandi società»

Antonio Signorini

da Roma

Una «caricatura di rivoluzione liberale» che colpisce i più piccoli per non toccare le corporazioni più forti. Rocco Buttiglione, ex ministro e senatore Udc, non è tentato di votare a favore del decreto Bersani. Da centrista non vuole «dire sempre no al governo», gli preme semmai «far prevalere il contenuto e il bene del Paese». E proprio per questo dice che «è sbagliato votare a favore di un provvedimento che va in una direzione sbagliata».
Un atteggiamento che potrebbe essere interpretato come allergia al libero mercato...
«Bisogna mettere in chiaro una cosa. Noi siamo a favore delle liberalizzazioni. Il Paese ne ha bisogno e a prima vista l’idea del governo sembrerebbe buona».
Quindi condivide il decreto?
«No, perché è il modo in cui si vogliono fare le liberalizzazioni che è sbagliato. Innanzitutto per una questione di metodo. Il governo ha concertato con i sindacati e alla fine non ha deciso. Quando invece si è trattato di colpire i ceti medi ha deciso di non concertare. Non è possibile che il giorno prima li abbiano convocati per parlare dei massimi sistemi e che il giorno dopo abbiano varato misure che colpiscono professionisti e artigiani».
Bersani e Prodi hanno spiegato di non averli coinvolti perché altrimenti le liberalizzazioni non sarebbero passate...
«Ma artigiani, professionisti e commercianti sono interessati alle liberalizzazioni e, per la maggior parte, sono disposti ad accettarle. Però gli interessa il come, anche perché da questo dipende la vita di milioni di imprese e di persone. Questo governo si è mostrato imbelle davanti alle corporazioni protette dai sindacati e spietato con i deboli».
Se la sono presa con categorie tradizionalmente di destra?
«Anche questo, ma c’entra di più una mentalità. La sinistra non ama i ceti medi. Poi non è vero che gli artigiani votano per noi. Anche i tassisti hanno votato per Prodi e ora sono pentiti. Me ne sono accorto a Caselle...».
L’aeroporto di Torino dove è stato contestato Piero Fassino? A lei cosa è successo?
«Mi sono fermato a parlare con tassisti che protestavano. Ho improvvisato un comizio e loro mi hanno confessato di avere votato per il centrosinistra. Alla fine però hanno applaudito me e hanno insistito per accompagnarmi all’aeroporto. Ecco, la vicenda dei tassisti dimostra gli errori di merito del decreto. Non è vero che hanno tariffe più alte. Sono più o meno allineate se non più basse rispetto al resto dell’Europa. Un’iniezione di libero mercato gli farebbe bene, ma bisogna stare attenti al modo. La licenza l’hanno pagata, fa parte del loro capitale, è la loro liquidazione o la possibilità di dare lavoro al figlio. Perché non prevedere un periodo di transizione?».
Taxi a parte, si mette mano a certe professioni a partire dalle tariffe. Non condivide nemmeno quello?
«Mi chiedo: dove si vuole arrivare? All’abolizione delle professioni? Io, l’Udc e anche Forza Italia con Zappalà abbiamo lavorato a una bella direttiva europea, che liberalizzava e teneva conto delle esigenze dei professionisti».
Il governo della Cdl, però, non ha varato la riforma...
«Ed è stato un errore, proprio perché avevamo raggiunto un’intesa con i rappresentanti delle professioni. Il centrosinistra avrebbe potuto ricominciare da lì».
E lei li avrebbe aiutati?
«Non capisco Martino (ex ministro della Difesa, disponibile ad appoggiare le liberalizzazioni, ndr). Secondo me il decreto sull’Afghanistan si può votare, mentre questo decreto no. Se avessero ripreso lo schema del lavoro fatto da noi sarebbe stato diverso. Invece hanno fatto la caricatura di una rivoluzione liberale. Posso fare il verso a Rifondazione comunista?».
Prego...


«Hanno aperto lo spazio di una razionalizzazione capitalistica con l’obiettivo di fare fuori tanti piccoli operatori e sostituirli con grandi società».

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