Macché trasparenza. La Rai nasconde quanto guadagnano i suoi consulenti

Nel gennaio 2007 la legge che obbligava a pubblicare i compensi. Ma un anno dopo il sito della Tv è vuoto

da Roma

Fino a qualche settimana fa nemmeno il ministero dell’Economia aveva messo sul sito Internet la lista dei consulenti di via XX settembre e dei relativi compensi. Poi, piano piano, quasi tutte le amministrazioni pubbliche e le società partecipate dallo Stato si sono messe in regola con le norme di trasparenza previste dall scorsa finanziaria. Tra le grandi società pubbliche che ancora non ne hanno sentito il bisogno ne spicca una: la Rai. A pizzicare la televisione pubblica è stato il quotidiano economico Italia Oggi. Ma quanto la consulenze top secret siano care a mamma Rai è sotto gli occhi di chiunque visiti il sito appositamente messo in rete per contenere l’elenco degli incarichi: www.contrattidiconsulenza.rai.it. A un anno dall’entrata in vigore della legge, non c’è né un nome né un compenso. E non è possibile avere un’idea di chi siano e quanto costino i consulenti che si aggirano tra viale Mazzini, la cittadella di Saxa Rubra e le altre sedi dell’emittente televisiva di Stato.
Un po’ meglio per le altre società partecipate dallo Stato. Quelle principali hanno tutte inserito la lista degli incarichi. Magari nascondendola un po’ sotto voci burocratiche come «comunicazioni legali». Altre volte sono praticamente irreperibili se non ricorrendo al motore di ricerca interno. È il caso di Palazzo Chigi. La presidenza del Consiglio era stata la prima a inserire l’elenco delle consulenze, comprese quelle dei ministeri senza portafoglio. Da un po’ è scomparsa dalla prima pagina ed è diventato molto più difficile capire chi lavora per Romano Prodi. Un peccato veniale, tutto sommato.
Difficile, invece, capire la ritrosia della Camera dei deputati e del Senato ad adeguarsi. Lo status di organi costituzionali, questa la spiegazione data tempo fa sempre a Italia Oggi, consente al Parlamento di non sottoporsi all’obbligo delle consulenze trasparenti. Difficile allora comprendere perché organi «di rilevanza costituzionale», quindi di rango appena inferiore, come la Corte dei conti abbiano sentito il bisogno di pubblicare incarichi e compensi dei consulenti.
Difficile che qualcuno riesca a imporre trasparenza alla Camere. Per quanto riguarda la Rai, poi, se qualcuno volesse far rispettare la legge, allora i consulenti non dovrebbero essere nemmeno pagati, visto che i loro compensi non sono stati pubblicati. Altro scenario ai limiti della fantascienza. Come se non bastasse, a partire da martedì la Rai dovrà rispettare un altra regola.

Un emendamento alla finanziaria 2008 fatto passare da Francesco Storace che stabilisce che i compensi di tutti i conduttori delle trasmissioni Rai e gli stipendi dei dirigenti debbano essere resi pubblici, quantomeno alla commissione di vigilanza. Un’altra norma di trasparenza che si annuncia di difficile applicazione.

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