Macerie domestiche a uso del monologo

Lo vediamo aggirarsi intorno a un cumulo di macerie «domestiche» che alludono - lo si capirà via via che il racconto prenderà quota - a devastazioni ben più sommerse e personali. Lo sentiamo chiamare suo fratello gemello, sepolto sotto quella montagnola di mattoni e mobili ma forse, a ben vedere, proiezione emblematica di paure, disillusioni e conflitti del tutto intimi, del tutto individuali. Dopo il successo raccolto con il Il sorriso di Daphne (Premio Ubu 2006 come migliore novità italiana), Vittorio Franceschi, attore e autore bolognese con pluriennale esperienza alle spalle, torna sulle nostre scene con un’altra opera di sua mano, Dialogo col sepolto vivo, dove la formula del monologo sforza costantemente se stessa per tentare di aprirsi verso un (im)possibile scambio di battute con la vittima e, al contempo, verso una narrazione di memoria e di memorie (con non pochi accenti autobiografici) rivolta al pubblico. Scandito dalla sobria regia di Marla Moffa, questo assolo lirico e a tratti disperato possiede la forza e il ritmo di una scrittura teatralissima che tuttavia, in alcuni passaggi, cede al didascalismo e, in altri, al gusto per una verbosità colta e letteraria. Ciò detto, l’egregia prova interpretativa di Franceschi riequilibra con ammirevole mestiere i difetti della partitura, disegnando la figura vivida di un uomo di mezza età che sembra «approfittare» del crollo in questione per mettere sul piatto della bilancia tutti i crolli - personali e collettivi - di cui è stato vittima e/o testimone. Genitori, famiglia, giovinezza, sogni, amore per la poesia, valori, ideali politici, società: nulla scappa a questo dolente processo. Teso, tanto più, a celebrare la morte della Parola. La fine della Cultura. Esiste però una scialuppa che, per il personaggio/Franceschi, coincide con il teatro.

Ma forse questo non basta a riedificare qualcosa di solido sulle macerie. Perché in fondo «siamo tutti soli». Perché probabilmente lì sotto non c’è mai stato suo fratello. Bensì lui stesso e, in definitiva, ognuno di noi. All’Argot fino a domenica. Info: 06.5898111.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica