Macro È Luca Massimo Barbero il nuovo direttore del museo

Siamo ovviamente lontani dall’ondata piemontese di epoca umbertina. Eppure i segnali di una nouvelle vague sabauda ci sono tutti. Prima è arrivata, dal Castello di Rivoli, Ida Giannelli per occuparsi del Palazzo delle Esposizioni. Ora è il momento di Luca Massimo Barbero (classe 1963), già direttore della sede veneziana della Fondazione Guggenheim, che ha assunto la responsabilità di «far ripartire» il Macro (ovvero il museo dell’arte contemporanea di Roma). Dopo una lunga serie di annunci e smentite, ieri è arrivata la presentazione ufficiale del nuovo direttore. Che sembra avere le idee chiare su tutto ciò che serve per rilanciare una delle istituzioni capitoline più trascurate dal pubblico e dalla stampa.
Il Macro di via Alessandria, che il celebre architetto Odile Decq sta ridisegnando nelle strutture e negli interni, riaprirà i battenti in occasione della Notte dei Musei in programma il prossimo 16 maggio (con una installazione di Arthur Duff). Un primo assaggio di quanto offrirà da qui a un anno quando verrà tagliato il nastro dell’inaugurazione. «Non mi piacciono quelle “aperture” di facciata - commenta Barbero -. Il debutto ufficiale della struttura avverrà solo quando sarà tutto a posto». Il pubblico intanto potrà iniziare a frequentare quella che diverrà - almeno nelle intenzioni del suo direttore - una «cittadella dell’arte contemporanea» con le «porte aperte a tutte le ore, soprattutto per i giovanissimi». Quello che per adesso ha più i contorni del sogno che di un progetto realistico (visti gli scarsi finanziamenti: 1,2 milioni di euro annui), dovrebbe realizzarsi nel corso già dei primi anni. A elencare le tappe di questo non velocissimo ma inarrestabile processo di rinascita del Macro ci pensa lo stesso Barbero. «Trattandosi di un museo comunale non dobbiamo perdere di vista la funzione di servizio. Metteremo in risalto il piccolo patrimonio della nostra mediateca (magari consegnando a giovani e studenti una tessera di ingresso gratuito). Costruiremo - d’accordo in questo con Odile Decq - una cittadella dedicata alle mostre e alle installazioni. E poi una turnazione per le opere della nostra permanente che riesca a esaltare anche il ruolo fondamentale che la capitale ha avuto a partire dagli anni Cinquanta nel mondo dell’arte contemporanea».
La collezione, stando proprio alle prime indicazioni fornite dallo stesso Barbero, potrebbe arricchirsi nel prossimo futuro dei lavori di artisti del calibro di Giulio Paolini e Lucio Fontana. Opere che dovrebbero arrivare non da donazioni (che la struttura del Macro non può accettare fin quando non verrà trasformata in fondazione) ma da comodati d’uso di collezionisti privati.


«La trasformazione in fondazione - spiega l’assessore alle politiche culturali Umberto Croppi - è un passaggio fondamentale. Chi ci ha preceduti ha messo su un progetto enorme senza un adeguato studio di fattibilità. È ovvio che i soldi in bilancio non bastano per una struttura tanto vasta e con ambizioni tanto alte».

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