La pista su Garlasco e il pc "manomesso" con l'alibi di Stasi

Torna nel mirino dei pm l'attività dei militari. L'ipotesi: distrutte prove a favore di Alberto

La pista su Garlasco e il pc "manomesso" con l'alibi di Stasi
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Il computer di Alberto Stasi fu asfaltato in modo brutale dai carabinieri, con la conseguenza di distruggere il suo alibi per le ore dell'omicidio di Chiara Poggi. Tra i tanti passaggi incredibili delle indagini sull'omicidio di Garlasco emerge ora anche questo, il trattamento cui venne sottoposto il pc del fidanzato di Chiara quando ormai l'inchiesta aveva preso una strada a senso unico. Il colpevole era lui.

Nella road map della nuova inchiesta della Procura di Pavia sull'omicidio di Garlasco c'è la rilettura, e in gran parte il rifacimento totale, delle analisi e dei sopralluoghi effettuati diciotto anni fa, nel caos più assoluto. Oggi i nuovi consulenti nominati dal giudice per le indagini preliminari Daniela Garlaschelli si presenteranno nella caserma milanese dei carabinieri per ritirare gli scatoloni contenenti i reperti su cui dovranno effettuare le analisi delle impronte digitali rilevate nella villa di via Pascoli, immortalate su sessanta fascette para-adesive (sulle quali non si dispera di trovare qualche residuo di Dna) e nel pomeriggio ritireranno all'istituto di medicina legale di Pavia gli oggetti sequestrati sul luogo del delitto e mai analizzati in profondità, come i contenitori di thè e di yogurt e il tappeto del bagno. Le analisi verranno effettuate insieme ai periti della difesa di Andrea Sempio, l'unico indagato della nuova indagine, a partire da martedì prossimo.

Sono accertamenti che - magari con tecnologie meno evolute - si sarebbero potuti fare diciotto anni fa, o almeno nel 2017, quando Sempio venne per la prima volta indagato e archiviato. Ma il quadro che si sta delineando delle vecchie indagini è sempre più quello di una inchiesta nata male, dove si incrociano incapacità professionali e l'obiettivo di incastrare Stasi.

É lo stesso intreccio che sta dietro alla vicenda degli accertamenti sul computer del bocconiano, raccontata a Quarta Repubblica da Roberto Porta e Daniele Occhetti, i periti informatici che nel 2007 per conto del giudice Stefano Vitelli esaminarono il computer di Stasi, trovandosi davanti a una situazione sconcertante. «Abbiamo iniziato ad analizzare i contenuti - dicono i due - e ci siamo resi contro subito che il pc non era integro, l'attività fatta dai carabinieri ne aveva stravolto il contenuto». Sull'apparecchio, spiegano i periti, «erano state compiute operazioni poco ortodosse», «spostati file», persino «svuotato il cestino».

In quel computer c'era, in quel momento, l'alibi di Stasi: che sosteneva di avere lavorato alla sua tesi per tutta la mattina a partire dalle 9,36, e questo dato lo avrebbe scagionato dal delitto visto che in quel momento l'ora della morte di Chiara era stata fissata dalla prima autopsia tra le 11 e le 11,30. Le operazioni dei carabinieri rimuovono tutto. «Quelle procedure hanno cancellato tutta una serie di informazioni legate alla datazione dei file che hanno compromesso la possibilità di ricostruire con precisione quello che era successo».

Solo per caso, scavando in profondità, i periti trovano la conferma che dalle 9,36 Stasi salva ripetutamente la tesi. Gli inquirenti aggireranno poi l'ostacolo anticipando di due ore la morte di Chiara. Ma la cancellazione dei dati da parte dei carabinieri resta, per i periti, «uno degli episodi più bui».

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