Made in Italy a Singapore, un «hub» per raggiungere 680 milioni di consumatori

SingaporeLa città-stato è come una portaerei, dove tutto arriva e tutto riparte. Fondi sovrani compresi. Si tratta dei fondi Gic e Temasek, che hanno già investito in Italia nella grande distribuzione, porti e aeroporti. Per Paolo Zegna, vice presidente di Confindustria per l’Internazionalizzazione, «questa è una buona notizia. Ma non è la sola. Singapore – ha aggiunto nel corso del business forum organizzato da Confindustria, Abi e Ice - è un hub, una piattaforma logistica e commerciale da cui raggiungere un’area più vasta di almeno 680 milioni di abitanti». Un assist per l’intervento del direttore centrale dell’Abi, Domenico Santececca, con al seguito i manager di 6 istituti bancari per annunciare un plafond complessivo di 3,3 miliardi a disposizione delle imprese italiane. La cifra è così suddivisa: 2,3 miliardi per export e investimenti a Singapore (già utilizzato il 55% dell’importo), mentre 940 milioni andranno a sostenere le iniziative di business nel mercato malese (già impiegato il 53%).
«Spingere il made in Italy oltre la crisi nei nuovi mercati del Sud-Est asiatico che offrono grandi potenzialità di sviluppo – ha aggiunto il viceministro allo Sviluppo, Adolfo Urso - per dare segnali forti e univoci. In ogni fase di crisi ci sono anche opportunità di crescita per chi le sa cogliere. Quest’area continuerà a segnare una crescita positiva, di sicuro superiore a quella degli altri grandi partner mondiali». «Abbiamo portato qui – ha replicato Zegna - soprattutto piccole imprese, fortemente innovative e ad alto contenuto tecnologico.

Vogliamo e possiamo essere partner sempre più strategici, non solo per le vendite del made in Italy ma per stringere diverse forme di collaborazione industriale». Singapore, già nella black-list dei paradisi fiscali, ora è nella grey-list. Ma Urso rassicura: «È un problema in via di soluzione. Singapore ha accettato di fornire ulteriori informazioni».

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