Politica

Mafia e politica in Calabria: gli ispettori accusano la Procura

Tra le indagini nel mirino, quella che ha coinvolto il viceministro Valentino e due parlamentari

Gian Marco Chiocci

nostro inviato a Catanzaro

Fa tremare gli uffici giudiziari calabresi il terremoto «ispettivo» scatenato dal ministero della Giustizia. L’epicentro del sisma provocato dagli accertamenti degli 007 di via Arenula si concentra nel distretto di Catanzaro e, stando ai boatos locali e alle indiscrezioni del Csm rimbalzate da Roma (dove è imminente la discussione del caso) vedrebbe tra le «vittime» proprio alcune delle sue toghe più illustri. A cominciare dal procuratore generale presso la corte di Appello di Catanzaro, Domenico Pudia, oggetto di una proposta d’apertura di un procedimento disciplinare. Per passare a Mariano Lombardi, procuratore capo, sulla cui testa penderebbe la richiesta di trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale e funzionale. E finendo con il procuratore aggiunto, Mario Spagnuolo, per il quale gli 007 di via Arenula, avrebbero sollecitato il trasferimento d’ufficio e un provvedimento disciplinare per aver trattato procedimenti antimafia che non avrebbero dovuto, e potuto, trattare.
Le anticipazioni sui risultati dell’ispezione ministeriale finalizzata alla valutazione dei reali apporti forniti da pentiti e testimoni di giustizia, all’attività e alle anomalie gestionali dei singoli uffici, ai criteri d’assegnazione di alcuni procedimenti presso la procura di Catanzaro, mettono fine a una ridda di notizie, scoop, denunce, relazioni, memorie difensive, interrogatori e interrogazioni parlamentari che si sono andate via via intensificando allorché la procura di Catanzaro, nel settembre 2004, ha dato il la all’inchiesta su mafia e politica per presunti condizionamenti processuali nei confronti di alcuni pm antimafia di Reggio Calabria. Se agli arresti finirono l’ex deputato del Psdi, Paolo Romeo, l’ex esponente di Forza Italia, Amedeo Matacena, il cronista Francesco Gangemi del giornale Il Dibattito, oltre al coraggioso avvocato antimafia, Ugo Colonna (tutti accusati del reato di violenza o minaccia a un corpo giudiziario e - ad eccezione del legale - di concorso in associazione mafiosa) nel calderone investigativo, per via di alcune discusse intercettazioni, spuntarono anche due pezzi grossi di Alleanza nazionale: l’attuale sottosegretario alla Giustizia, Giuseppe Valentino, e la paladina della lotta alla ’ndrangheta, l’onorevole Angela Napoli, difesa strenuamente persino a sinistra prim’ancora che la giunta per le autorizzazioni a procedere accertasse che la stessa non era «oggetto di alcuna specifica contestazione penale né destinataria di avvisi di garanzia» come invece era sembrato di capire leggendo i resoconti stampa. Audizioni dei protagonsiti e lettura degli atti avrebbero portato gli ispettori di Castelli a interrogarsi sul perché tutta l’inchiesta, almeno all’inizio, venne portata avanti dai Pm della procura ordinaria anziché dai colleghi della Dda competenti.
Gli accertamenti disposti dalla squadra del ministro Castelli nascono da una «nota informativa» disposta nel settembre 2003 proprio dal procuratore generale Pudia relativamente a presunte «esuberanze mediatiche» di cui si era reso protagonista un collega, il pubblico ministero Eugenio Facciolla, già in disaccordo con la gestione delle cose interne alla Direzione distrettuale antimafia. Le indagini ispettive a carico di Facciolla si sono però presto rivelate un boomerang, perché nel mirino degli 007 c’è finita proprio la procura generale, insieme a quella ordinaria, alla sezione dei gip e alla Dda.
A monte di tutto vi sarebbe una spinosa querelle sulle presunte funzioni «straordinarie» esercitate da Spagnuolo su delega del superiore, Mariano Lombardi. Un cumulo di funzioni e un accumulo di poteri legati a un dettaglio tecnico-operativo fondamentale: la modifica - avvenuta prima dell’inchiesta su mafia e politica - di quelle disposizioni tabellari che consentono proprio a Spagnuolo di dirigere, coordinare e delegare la Dda di Catanzaro sul fronte mafia e terrorismo, e soprattutto gli permette di esercitare il controllo sull’«articolo 11», ovvero sulle inchieste a cui sono sottoposti come indagati i magistrati di Reggio. Una modifica duramente contestata sia da Facciolla che considerava la nomina di Spagnuolo «illegittima» e caratterizzata «da vizi procedurali», sia dall’aggiunto uscente Gerardo Dominianni (ora distaccato al ministero). Contrario si è detto anche il Consiglio giudiziario. Ad acuire la tensione sarebbe intervenuta poi la nomina di un secondo procuratore aggiunto, col risultato che il coordinamento della Dda è rimasto nelle mani di Spagnuolo, anche se condiviso con un altro magistrato.
In corso vi sarebbero altri accertamenti, e in fase preliminare ve ne sarebbe uno riguardante un quarto magistrato, il sostituto procuratore Luigi De Magistris, uomo di punta della procura di Catanzaro nelle inchieste più calde sui reati contro la pubblica amministrazione. A solleticare l’interesse degli 007 anche un’interrogazione parlamentare dettagliata (11 pagine) inoltrata al ministro Castelli dal senatore di An, Ettore Bucciero, dove si elencano presunte inchieste-flop «nelle quali - a dire di Bucciero - De Magistris avrebbe operato in conflitto con i principi di imparzialità che devono attenere alle funzioni del pubblico ministero». Alla luce delle notizie contenute nell’interrogazione, e delle indagini avviate dagli ispettori di Castelli, in queste ultime ore a Catanzaro ci si interroga sull’indiscrezione che vedrebbe la corrente di Md attivarsi presso il Palazzo dei Marescialli per chiedere l’apertura di un fascicolo a tutela proprio di De Magistris.

E ciò avviene quando i miasmi di Catanzaro rischiano di avvelenare i lavori del Csm affidati al consigliere laico, Giuseppe Di Federico, relatore dell’esplosivo «caso Calabria».

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