«Mafioso perché senza soldi». Merita uno sconto

MilanoScendere a patti con la ’ndrangheta vuol dire essere suoi complici, dice la sentenza sull’Ortomercato di Milano. Se un imprenditore mette a disposizione i suoi canali, le sue società, i suoi conti, agli uomini del crimine organizzato, va condannato come un narcotrafficante. Ma se a fare affari con i clan l’imprebnditore ci è arivato perchè non aveva altre vie d’uscita, e il sistema delle banche e dell’economia pulita non gli davano più appigli e speranze, questo costituisce almeno in parte una scusante: tale da renderlo meritevole delle attenuanti generiche e dello sconto di pena che esse comportano.
L’imprenditore si chiama Antonio Paolo, calabrese, e all’interno dell’Ortomercato di Milano era una potenza. Non un verduraio qualunque. Era lui, attraverso una serie di cooperative fasulle, a controllare buona parte del business della logistica, insieme a colossi come Dhl e Poste Italiane. Tra i «soci lavoratori» delle sue cooperative, ce n’era uno un po’ particolare: Salvatore Morabito, dell’omonimo clan calabrese, che aveva colonizzato i mercati generali e li utilizzava per giganteschi traffici di droga. Grazie a Paolo, Morabito riuscì a movimentare in un solo anno e mezzo dieci milioni di euro. Specularmente, Paolo si faceva bello di avere alle spalle la forza bruta della ’ndrangheta: agli atti c’è una telefonata in cui, ridendo come un matto, comunica a Morabito che una azienda concorrente aveva presentato ad un appalto un’offerta fuori mercato, per non rischiare di vincere e di farlo arrabbiare.
Dopo l’arresto, Paolo è stato per due volte scarcerato dal tribunale della Libertà, e per due volte rispedito in cella dalla Cassazione. All’inizio di maggio, la sesta sezione del tribunale lo ha condannato a sette anni e otto mesi di carcere per associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico, concedendogli le attenuanti generiche. Sul momento, si era supposto che le attenuanti fossero dovute alla incensuratezza dell’imputato (come aveva chiesto, d’altronde, anche il pm Laura Barbaini).
Ora dalla lettura delle motivazioni si scopre invece che il motivo dell’indulgenza è un altro, e piuttosto inedito: i giudici hanno scelto di non calcare la mano perché hanno tenuto conto della «stato di oggettiva grave difficoltà economica» in cui versava il piccolo impero di Paolo, che aveva avuto tra «il 2003 e il 2004 «grossi problemi finanziari» e cui «le finanziarie dell’economia legale» negavano ogni aiuto, conducendolo «ad affidarsi a Morabito e al suo gruppo per risolvere la gravosa contingenza».

Una giustificazione singolare, anche perché le «difficoltà» delle società di Antonio Paolo erano causate soprattutto dalla allegra gestione da parte dello stesso titolare. E perché dai rapporti con Morabito - per conto del quale gestiva anche un locale notturno all’interno dell’Ortomercato - l’imprenditore ha tratto per anni vantaggi di ogni tipo.

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