Maggioranza impazzita, Professore al bivio

Gianni Baget Bozzo

È possibile pensare a una crisi di governo dovuta proprio alla dimensione punitiva che ha assunto la Finanziaria? Ciò che ora è in dubbio è il disegno politico della maggioranza nel suo insieme: cioè l’Ulivo, l'unità e la distinzione di postcomunisti e di postdemocristiani, l'Unione cioè l'inclusione della sinistra antagonista e del centro democristiano in una alleanza politica, il partito democratico come nascita di un partito del centrosinistra e infine il governo Prodi come governo di legislatura.
I progetti sono contraddittori. Il partito democratico è un partito del centrosinistra, che dovrebbe comprendere sia la Margherita che il Ds. Ma la semplice prospettiva come decisione presa dei due congressi ha determinato il sorgere di varie componenti della Margherita. Sono ricomparsi i Popolari ed è chiara la volontà di fare dei popolari un soggetto contraente del nuovo impianto, senza passare per la mediazione della Margherita. Sono inoltre nati i teodem, cioè coloro che seguono la linea del cardinale Ruini nella Chiesa italiana e aderiscono al partito democratico come cattolici, non come postdemocristiani. E infine si sono riuniti a Frascati i laici della Margherita sotto la leadership di Rutelli, leader dell'insieme e anche di una parte. L'annuncio del partito democratico ha determinato l'implosione della Margherita, l'unica componente che non si è riunita è quella dei prodiani. Ma questi pensano già fuori dello schema dei partiti, vogliono un partito democratico costruito, come nelle primarie, mediante l'adesione individuale. La Margherita è una unità fittizia e che, giunti al sodo, cioè a contare seggi e posti del nuovo partito democratico, ciascuno riprende la sua identità. Nel Ds è già annunziata la possibile scissione di Fabio Mussi e del correntone. Ciò significa che la partita è ancora interamente aperta e che non vi è ancora alcuna intenzione di vera fusione. Ciascuno mira a conservare la sua identità e a farla valere all'interno del partito. Non si tratta di fusione ma di combinazione, in cui ciascuno fa parte per sé stesso.
Ma il punto più delicato è la connessione del progetto del partito democratico con il governo Prodi. Il governo Prodi è un governo dell'Unione e in esso ha parte determinante la sinistra antagonista nelle sue varie forme. Rifondazione Comunista pensa a fare il pieno a tutti gli antagonismi convogliandoli in una nuova formazione cui la parola comunista non compare più e compare invece la prospettiva europea. L'antagonismo cede a una forma diversa, una forma che intende porsi come forza di governo ma al tempo stesso alternativa al partito democratico e alle componenti che ora si dispongono per formarlo. Come può essere il governo Prodi il governo dell'Unione che comprende tutta la sinistra ed è contestualmente il punto di origine di un partito di centrosinistra?
Il governo Prodi ha perso rapidamente tutto lo smalto che sembrava avere. Esso è divenuto il punto di concentrazione delle critiche di tutti i settori che hanno sempre sembrato favorirlo. Ora è divenuto semplicemente il governo delle tasse la cui filosofia politica è la perequazione sociale raggiunta mediante lo strumento fiscale. Un'idea arcaica, a cui nessuna delle forze che compongono il governo ha mai aderito, nemmeno quelle della sinistra antagonista. Rifondazione Comunista chiedeva una finanziaria molto inferiore a quella realizzata e che è venuta aumentando in quantità man mano che tutti gli interessi istituzionali, come quelli nei comuni e nelle regioni colpite dal primo impianto della finanziaria, facevano sentire le loro istanze. La finanziaria è divenuta soltanto la finanziaria di Romano Prodi e Tommaso Padoa-Schioppa, mentre dovrebbe essere la chiave della nascita di un partito riformista e della riforma di un partito antagonista. Il linguaggio della riforma fiscale come riforma sociale comporta una visione semplicistica della divisione tra poveri e ricchi che corrisponde soltanto alla visione della Chiesa dei poveri, sostenuta da Giuseppe Dossetti e dalla scuola bolognese. Accade così che questo governo non ha alcun messaggio politico mentre comprende tutte le culture politiche del paese. Ha lo svantaggio di avere tante componenti senza che nessuna riesca a offrire il proprio linguaggio alla presentazione del governo. Essa rimane quella della sinistra cattolica più arcaica e oggi non più esistente, sembra quasi il linguaggio della teologia e della liberazione.
Può durare il governo Prodi, può condurre in porto questa finanziaria o la coalizione dei volenterosi riprenderà qualche forma con l'appoggio delle componenti maggioritarie della coalizione, i Ds e la Margherita? O la sinistra andare innanzi solo come il partito di Prodi e di Visco? La finanziaria di Prodi e di Padoa-Schioppa può essere la giustificazione politica a un tempo della coalizione o del futuribile partito democratico?
Il governo era già potenzialmente in crisi all'inizio della discussione finanziaria. La coalizione antiberlusconiana non va oltre l'antiberlusconi, non propone la forma politica in cui possa riconoscersi la sinistra.

La crisi di governo a tempi ravvicinati diviene più probabile, quasi inevitabile; e al tempo stesso, è un salto nel vuoto.
Avendo creato Prodi come modello contro Berlusconi l'Unione si trova a capire che Prodi non rappresenta una sintesi politica ma una componente impazzita di una maggioranza frantumata.
bagetbozzo@ragionpolitica.it

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