La maggioranza tiene: niente carcere per Milanese

RomaSalvo Milanese, sia pure «per il rotto della cuffia», come nota lui stesso una volta scampato il pericolo. E salva la maggioranza, anche se meno solida di quanto evidentemente si aspettava il premier: «Ma sono solo sette voti», ha sussurrato Berlusconi - con aria non proprio soddisfatta - al ministro La Russa che gli sedeva accanto in aula, subito dopo il voto.
Sette voti di scarto, margine un po’ risicato se su quello si dovesse reggere il governo: la richiesta d’arresto dei magistrati di Napoli per l’ex braccio destro di Giulio Tremonti viene bocciata con 312 no contro 305 sì (in realtà sarebbero stati 306, ma il voto del Pd Enrico Letta non è stato registrato per un errore tecnico, ha denunciato lui).
Un conteggio che apre le porte a sospetti e polemiche nella maggioranza, dove si registrano sulla carta almeno sette franchi tiratori anti-Milanese, che però potrebbero essere molti di più se fosse vero, come molti asserivano ieri a Montecitorio, che nel segreto dell’urna a Milanese sarebbe arrivato il sostegno di almeno una decina di parlamentari di opposizione (che erano 299, tutti presenti): qualche sincero garantista, qualcuno che aveva ragioni di gratitudine per Milanese o che magari si era preoccupato per quel simpatico avvertimento della vigilia, che le voci di Transatlantico gli attribuivano: «Se finisco in galera io, non resterò solo a lungo»; le ragioni possono essere tante.
Ma alla fine sono i fatti a contare: Marco Milanese in galera non ci va (anche se, come sottolineano i pm, «l’inchiesta va avanti» e del doman non v’è certezza) e la maggioranza c’è. Anzi, assicura il vice capogruppo Pdl Massimo Corsaro: «Abbiamo ottenuto 312 voti che, sommati agli 8 assenti, dimostrano che la maggioranza è di 320: un voto estremamente positivo quello di oggi». Sulla carta, sono 4 voti in più dell’ultima fiducia, passata con 316 sì. Una cosa è certa: tra gli otto assenti, quello che si è fatto più notare è stato il ministro Giulio Tremonti, di cui Milanese era stretto collaboratore nonché gentile ospite nella famosa casa di via di Campomarzio. Il ministro dell’Economia ieri non c’era a votare sui destini dell’ex amico. «Non si commentano gli assenti, solo i presenti. E comunque lo sapete che è a Washington per il G20», taglia corto La Russa. Ma se il ministro della Difesa si trincera dietro il no comment, e Milanese pubblicamente dice «non mi permetto di criticarlo» (in privato ne dice peste e corna, però), altri non si trattengono. «Tremonti è il re dei codardi», lo lapida Giorgio Stracquadanio. «È stato inelegante. Aveva il dovere di essere presente, visto che Milanese era il suo più stretto collaboratore», dice Antonio Martino. «Umanamente vergognoso» per la Santanchè. E Guido Crosetto, noto critico del titolare dell’Economia: «Il giudizio sul Tremonti ministro l’ho già espresso, ora aggiungo quello sul Tremonti uomo: la sua assenza di oggi è un forte indicatore del valore dell’uomo». Alla Lega tocca la difesa del ministro: «Ha fatto l’unica cosa sensata. Se fosse venuto, qualunque cosa avesse fatto, avrebbe dato il via a interpretazioni di ogni tipo», dice il parlamentare del Carroccio Marco Desiderati. I leghisti sono stati «compatti» nel no all’arresto, «perché noi quando diamo la parola poi la manteniamo», assicura Umberto Bossi, premiato in aula da Berlusconi con una tenera carezzina sulla testa. Salvato il soldato Milanese, anche i capigruppo del Carroccio hanno partecipato al vertice di maggioranza riunito da Berlusconi a Palazzo Grazioli, ieri pomeriggio, per fare «l’agenda» del governo per i prossimi mesi. «Il futuro riguarda la crescita, l’abbattimento del debito pubblico e le riforme istituzionali, che comprendono anche eventualmente la legge elettorale», è il vaste programme che annuncia il capogruppo Pdl Fabrizio Cicchitto.
Milanese, toltosi il dente, è andato a Porta a Porta e poi a dormire a casa propria. E alla fine, l’unico vero eroe della giornata è Alfonso Papa.

Che da Poggioreale, dove è finito due mesi fa (perché il sì al suo arresto era in quel momento funzionale ai giochi di potere tra Bossi e Maroni) ha la forza d’animo di congratularsi per la maggior fortuna del collega: «Sono contento per lui, come per tutti quelli che non sono costretti a subire la carcerazione preventiva».

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