Ottanta personaggi, cento cambi d'abito, due ore di spettacolo, un solo uomo. Arturo Brachetti porta al Teatro Arcimboldi l'incanto de L'uomo dai 1000 volti, personale cammino a ritroso verso un'infanzia ritrovata ma mai dimenticata, verso un sé bambino da recuperare per sentire meglio e più potente la vita. Brachetti trascina nel sogno il pubblico, nel suo mondo magico, poetico, colmo di tenerezza e umorismo. Misterioso tra il nero della scena e del mantello, comincia a togliersi dal volto maschere bianche, una dopo l'altra ed è pronto a trasformarsi in pochi secondi in un'ape, una giubba rossa, un mandarino cinese, Frankestein, Pinocchio, Barbie, Spiderman. Tornato, da adulto, a fare pulizia nel vecchio solaio dove sono conservati i giochi dei suoi anni da bambino, Arturo trova lo scatolone con tutti i giocattoli, e i ricordi affiorano fino a totale immersione nella fantasia che abitava i giorni dell'infanzia.
C'è spazio per la bellezza dell'ingenuità in questo spettacolo visivamente splendido, vincitore a Parigi del Premio Molière 2000 e, in Canada, del Canadian Olivier Award, lavoro ideato dallo stesso Brachetti insieme a Serge Denoncourt, coadiuvati da Arthur Kopit (autore attivo a Broadway) che ha scritto i testi, e sostenuto dalle musiche originali di Dazmo e Simon Carpentier (membro della grande famiglia del Cirque du Soleil). Luce lunare e colori, velocissimi cambi per questo grande attore e trasformista torinese che miete successi internazionali, unico autentico depositario di antichi segreti e creatore di nuovi, erede spirituale dell'arte di Leopoldo Fregoli, ultimo trasformista italiano scomparso nel 1936. E Arturo, che da piccolo dava vita alle marionette del suo teatrino, ebbe tutto il tempo di capire quale era la sua strada negli anni in cui frequentò il seminario e tale don Silvio Mantelli, detto Mago Sales, giovane sacerdote amante della prestidigitazione. A quindici anni Brachetti fece il suo primo spettacolo nel teatro dei Salesiani. Ricordi presenti, che tornano ne «L'uomo dai 1000 volti», insieme all'omaggio fatto al cinema hollywoodiano visto da ragazzino, magari di nascosto, immaginando di essere Gene Kelly, Chaplin, King Kong e persino Esther Williams, sirena del nuoto sincronizzato. Meraviglioso Brachetti che può essere chiunque in un battere di ciglia e che sorprende facendo una strana ammissione: «Mi manca il realismo, lavoro sempre sulla fantasia». Ad accompagnarlo in questo viaggio alla ricerca di emozioni infantili scoperte intatte, è la voce della mamma che commenta divertita ed esce magicamente da una piccola borsa rossa dove sono conservate vecchie foto, tra cui una di Arturo a otto anni in compagnia di Federico Fellini davanti al Circo Orfei.
Sul finale, omaggio al mondo di Fellini, artista capace di preservare inalterato nell'anima lo stupore del bambino.
Teatro Arcimboldi
da martedì al 18 febbraio)
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.