Caro direttore,
quello che lascia sconcertato il cittadino, fondamentalmente, non è la notizia che riguarda una grave mancanza od inadempienza di qualche dirigente servitore-dello-stato (come si diceva con vanto una volta), ma la decadenza della denuncia della stessa malefatta nel dimenticatoio dei meandri della giustizia amministrativa o legale. Dopo qualche tempo, qualche giornalista ci fa sapere, in occasione di qualche altro simile crimine che quel tal magistrato, per esempio, che, non presentando nei tempi dovuti la motivazione della sentenza, ha permesso la scarcerazione di manipoli di delinquenti mafiosi, ha subìto una interdizione temporanea, ma dopo, è tornato a giudicare come se nulla fosse accaduto, continuando a dilazionare la presentazione delle motivazioni delle sentenze. Questo è semplicemente terribile e pazzesco per uno Stato di diritto. Spero che il Guardasigilli Alfano, nella riforma della Magistratura, oltre a dividere le carriere accusatorie da quelle giudicanti, sappia scalfire quella congrega rappresentata dalla Associazione Magistrati che, col proprio Consiglio Superiore si autogiudica si autoassolve e si autopromuove alla faccia di qualsiasi senso di giustizia democratica.
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Se non lha già fatto le consiglio, caro Pepe, la lettura del libro del collega Stefano Livadiotti, «Magistrati lultracasta». Lettura utile, anche se mette a rischio la regolare funzionalità del fegato. Si racconta per esempio la storia del magistrato spiritista uscito di senno: nessuno lha cacciato, per dieci anni. Alla fine si è licenziato da solo. E poi si racconta la storia di un procuratore che per venire a capo delle indagini faceva interrogare un testimone in trance: è stato solo ammonito. E poi si racconta anche la storia di un pubblico ministero assolto perché «non sapeva quello che stava dicendo». La vicenda più bella in assoluto, però, è quella che apre il libro: un magistrato sorpreso a abusare sessualmente di un ragazzino in un cinema di periferia romano e assolto e riabilitato dopo otto anni. Il motivo? Tre anni prima della molestia aveva sbattuto la testa contro una trave (una craniata, insomma) e questo, secondo i suoi colleghi che lo hanno giudicato, lo aveva (tre anni dopo) reso «incapace di volere al momento del fatto». Si badi bene: lincapacità si sarebbe manifestata allimprovviso, in quel cinema di periferia, tre anni dopo la zuccata, e sarebbe scomparsa immediatamente dopo, tanto è vero che il magistrato ha potuto continuare a esercitare la sua delicata professione di giudice e, anzi, è stato pure ritenuto idoneo per una promozione. Ora mi dica lei, caro Pepe: se il Csm riabilita uno così, e con una motivazione così, chi potrà mai essere punito? Il libro di Livadiotti rivela che ogni volta che combinano un guaio i magistrati hanno 2,1 possibilità su cento di incappare in una qualche sanzione, fossanche un mero richiamo formale. E come stupirsi poi, allora, se i tempi della giustizia si allungano, i boss vengono scarcerati e la durata media di un processo civile a Roma è superiore a quella del Gabon? Lei pensi che in Sicilia cè stato un procedimento, concluso pochi mesi fa, che è durato la bellezza di 192 anni. 192.
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