Magris canta la litania dell'anti-italiano

Lo scrittore ritira il premio per la Pace a Francoforte e pronuncia un discorso simile a un comizio. Il contenuto? Il nostro Paese è una giungla in cui s'imbavagliano i giudici per opprimere i deboli

Magris canta la litania dell'anti-italiano

Certo che da Claudio Magris uno si attende qualcosa in più rispetto agli altri. Un tocco danubiano, una intuizione mitteleuropea, qualcosa di internazionale. Invece il discorso pronunciato domenica alla Paulskirche di Francoforte, in occasione della consegna del prestigioso premio per la Pace assegnato da editori e librai tedeschi, assomiglia in alcune parti a un comizio da politico locale (area Italia dei Valori).

Magris non è uno qualunque, come dimostra il carnet dei riconoscimenti incamerati negli ultimi tempi: Premio Carducci, Premio Letterario Internazionale Vilenica, Medaglia dell’Ordine delle Arti e delle Lettere del governo spagnolo, Premio Campiello Germania, conferimento del Sigillo trecentesco, Civica benemerenza della città di Trieste. E, tornando un poco indietro, possiamo aggiungere: Premio Natalino Sapegno, Premio Libro del mare, Premio Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Premio Giovanni Boccaccio, Premio Corrado Alvaro, Premio «Graziosi / Terra degli Aironi», Prix Méditerranée, Premio Elsa Morante, Premio Le Cattedrali letterarie europee e ci fermiamo qui per mancanza di spazio. Manca il Nobel, ma non è troppo tardi. Nell’attesa ormai decennale qualcuno su internet ha cercato di quantificare il numero di onorificenze, sarebbero circa tremila, in media una ogni tre comuni italiani, secondo i calcoli di Paolo Bracalini sul Giornale di qualche settimana fa.

Comunque dall’autore di libri pregevoli come Microcosmi ci si attende qualcosa che abbia un respiro ampio. Anche perché il luogo era quello giusto. Ad esempio, nel 1998 lo scrittore Martin Walser nello stesso contesto pronunciò un discorso dirompente: cari amici tedeschi, disse, ora basta con i sensi di colpa nei confronti dell’Olocausto, e soprattutto finiamola di usare le tragedie della Seconda guerra mondiale come una clava morale per delegittimare i nemici politici. Ne uscì una polemica clamorosa e importante, non ancora conclusa. Invece Claudio Magris, come si legge nella trascrizione dell’intervento pubblicata dal Corriere della Sera, ha parlato ai tedeschi di Roberto Calderoli, delle ronde e, più in generale, delle tristi condizioni in cui a suo dire versa la democrazia italiana.

Magris da «patriota» spera che la «peraltro incantevole» Italia «non sia all’avanguardia in senso negativo: il fascismo, dopotutto, in Europa, lo abbiamo inventato noi». Vane speranze, è evidente. Secondo lo scrittore, la barbarie, sotto forma di populismo e intolleranza nei confronti degli immigrati (con riferimento indiretto ma chiaro alla Lega), avanza come un carro armato. Il populismo, in particolare, è «una gelatinosa totalità sociale» che distrugge i valori fondamentali. La «gelatinosa totalità sociale» aggredisce, come il mostro alieno di Blob, il senso della giustizia: «L’insofferenza crescente per la legge che persegue i reati e la limitazione del potere della magistratura» esprimono «il torvo sogno di una vita senza legge o con meno legge possibile, ossia di una giungla, di una condizione di bellum omnium contra omnes, in cui i forti trovino pochi ostacoli nello schiacciare i deboli».

Il passaggio lascia perplessi (davvero questa è la situazione italiana? Mah...) però, alla fine, siamo sempre nell’ambito della critica al capitalismo senza regole come forma di darwinismo sociale e alle lamentele sulla democrazia senza democrazia, cioè sui regimi in cui la democrazia è solo formale e non sostanziale. Roba vecchia come il cucco. Quello che segue è invece una novità. Dopo la tirata in favore della legge e dei magistrati, Magris butta lì un esempio davvero singolare: il professore di filosofia Toni Negri, autore di «elucubrazioni pseudo-rivoluzionarie» di cui si sono «nutrite le Brigate Rosse sotto il cui imbecille piombo reazionario sono caduti molti rappresentanti dell’Italia migliore», ha dichiarato «la propria solidarietà a Berlusconi, in quanto entrambi perseguitati dalla magistratura». Pare di capire, nell’oscuro brano, che il parallelismo sia il seguente: eversivo Toni Negri, eversivo Silvio Berlusconi. E tutti e due sarebbero persone «indegne» che minacciano la giustizia e quindi la pace. Olè. Alla faccia della penetrante capacità di analisi che - dicono gli intellettuali - contraddistingue gli intellettuali.

La «gelatinosa totalità sociale» del populismo dunque sta devastando l’Italia e l’Europa. Per fortuna Magris ha in serbo una soluzione: Antonio Di Pietro, noto esempio di moderazione, per niente populista, abituato a calibrare parole e giudizi. Alle recenti elezioni europee, il pluripremiato scrittore scese in campo per sostenere il collega Giorgio Pressburger candidato nelle liste dell’Italia dei Valori. Magris disse di vedere in Tonino «un’opposizione al contempo aliena da ogni estremismo e ferma».

Pressburger aggiunse, dopo essersi consultato con il suo sponsor, di voler portare in Europa «una riflessione sul declino della civiltà europea che è stata piegata all’obbedienza e al culto del denaro». Fu trombato.
Colpa della «gelatinosa totalità sociale»?

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